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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2011 alle ore 08:44.
L'ultima modifica è del 30 agosto 2011 alle ore 08:49.

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Ecco, quando ieri a Milano il sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno, al termine della manifestazione bipartisan dei sindaci contro i tagli, ha detto che la manovra-bis andava "azzerata", abbiamo avuto netta la sensazione che l'Italia avesse ripreso a ballare sull'orlo del precipizio. Con tanto di note di inno di Mameli al seguito.

All'appuntamento del "giorno del giudizio" (vertice ad Arcore tra il premier Silvio Berlusconi ed il leader, nonché ministro, della Lega Umberto Bossi e presentazione in Senato del pacchetto di modifiche) la classe politica, di governo e d'opposizione, centrale e periferica, s'è presentata divisa, tra veti incrociati e proposte demagogiche. E al termine di due settimane più ricche di confusione che di confronto costruttivo, la manovra-bis da 45 miliardi per anticipare al 2013 il pareggio di bilancio è stata di fatto riscritta in fretta e furia.

Come e in quale direzione? Ci vorrà qualche giorno, ed il sigillo dei primi voti nelle commissioni parlamentari, per capirlo. Di certo sappiamo che è caduta (tranne che per i parlamentari) la super-Irpef presentata maldestramente come "contributo di solidarietà" e che il capitolo-pensioni è stato in qualche modo riaperto (il calcolo verrà fatto solo sugli anni effettivi di lavoro e per il tetto dell'anzianità non si terrà conto degli anni riscattati per l'università ed il servizio militare).

Niente ritocco dell'Iva, tema che sarà affrontato in un secondo momento con la delega fiscale. Mantenuta la cosiddetta Robin tax, nonostante l'Authority per l'energia abbia spiegato che riduce la propensione agli investimenti delle imprese e rischia di ripercuotersi sulle bollette.
In pista una stretta antievasione ed antielusione per le società di comodo, riduzione dei vantaggi fiscali per le società cooperative, via costituzionale (e dunque tempi necessariamente lunghi) per l'abolizione delle province e il dimezzamento dei parlamentari, meno tagli per gli enti locali.
Il tutto avverrebbe a "saldi invariati", dunque rispettando gli impegni presi in Europa. «Molto bene», è stato il commento del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine dell'incontro, al quale egli stesso ha partecipato, tra Pdl e Lega.

Si attendono evidentemente i singoli numeri per poter fornire un giudizio meno approssimativo e, soprattutto, per capire come viene risolto il problema fondamentale delle coperture finanziarie.

Che la super Irpef sia stata rottamata e che si sia messo mano al tema delle pensioni appare un dato positivo. Ma non altrettanto, ad esempio, si può dire sulla mancata rimodulazione dell'Iva in chiave pro-crescita.
È evidente che, esattamente come nel caso della manovra bis varata il 13 agosto, la partita di ieri è stata il frutto di un compromesso tra la Lega e il Pdl e tra lo stesso Berlusconi e il ministro Tremonti. Ed ora la manovra bis riscritta, secondo quanto affermato nel comunicato finale, sarà aperta in Parlamento al confronto con l'opposizione. Che si possa migliorare, nel quadro del «metodo della coesione» che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, continua a sollecitare?

Certo le due settimane appena passate, il festival paesano delle proposte e delle controproposte (comprese quelle dell'opposizione del Pd, pervicacemente puntate sull'aumento delle entrate fiscali), i veti interni alla maggioranza e l'annuncio dello sciopero generale della Cgil, non lasciano grandi margini all'ottimismo.

Altro che "azzerare" la manovra: questa andrebbe semmai rafforzata nella direzione che il Manifesto del Sole 24 Ore ha indicato il giorno dopo, a luglio, della prima manovra anticrisi. Si tratta insomma di coniugare il rigore dei conti pubblici con la spinta per la crescita (evidenziata anche dalla Bce nel momento in cui si apprestava ad acquistare titoli italiani) per mettere il Paese al sicuro sui mercati finanziari.

L'errore più grave, per un'Italia che cresce e crescerà anche nel 2012 al ritmo dello "zerovirgola" e che al contempo vede salire a livelli impensabili la pressione tributaria, sarebbe quello da un lato di sottostimare il problema delle coperture finanziarie per far tornare i conti della manovra riscritta e, dall'altro, di non trovare il modo di spingere sul pedale della crescita. Continuando a puntare più sulle entrate che sul taglio (strutturale e non episodico) delle spese, sulle liberalizzazioni e sulle privatizzazioni.
Di una cosa possiamo essere sicuri. La riscrittura della manovra bis non è solo affare italiano. L'Europa e i mercati vorranno capire e ci attendono di nuovo al varco. Non è previsto alcuno sconto, anzi.

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