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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2011 alle ore 08:33.

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Alla fine anche le pensioni entrano, seppure in maniera ridotta rispetto alle attese e con qualche sorpresa, nel pacchetto di emendamenti alla manovra.

Sono state scartate le diverse ipotesi di intervento di cui si è parlato in questi giorni: anticipazione della crescita dell'età di pensionamento di vecchiaia delle donne nel settore privato, congelamento delle pensioni di anzianità e crescita delle quote, applicazione del contributivo pro rata, cosa che renderebbe uguali, nel sistema previdenziale, giovani e anziani. Tutte queste misure avevano l'indubbio merito di essere interventi strutturali.
Al posto di queste misure, spunta a sorpresa una regola di cui non si era mai discusso: la "sterilizzazione" dei periodi di studi universitari e di servizio militare, per le persone che intendono andare in pensione con 40 anni di contributi.

Questo tipo di pensione è soggetto a una disciplina particolare: mentre tutte le pensioni di anzianità sono ormai soggette tramite il meccanismo delle quote al raggiungimento di un'età minima, se si raggiungono i 40 anni di contributi (di cui 35 effettivamente lavorati), viene meno il requisito anagrafico.
Secondo il comunicato reso noto ieri al termine del vertice di maggioranza alla presenza di Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, si dovrebbe ritardare la data di pensionamento escludendo il diritto di calcolare gli anni di servizio militare e quelli impiegati per il conseguimento della laurea.
Nel comunicato si precisa che i periodi relativi al percorso di laurea e al servizio militare rimangono comunque utili ai fini del calcolo della pensione; questo significa che, pur non potendo essere utilizzati per il calcolo dei 40 anni, questi periodi servono per calcolare l'importo dell'assegno.

Si tratta di un intervento che può produrre uno spostamento molto rilevante della data di pensionamento e rompe in qualche modo il patto che è stato fatto con i lavoratori interessati. Questi, negli anni, hanno maturato un serio affidamento circa la rilevanza del servizio militare (che può essere fatto valere previa domanda) o del periodo di laurea (che addirittura è soggetto a un riscatto molto oneroso); oggi si trovano di fronte a una improvvisa retromarcia da parte del sistema previdenziale. Insomma, una norma punitiva molto lontana da quelle riforme strutturali sulla previdenza che dovrebbero puntare a far crescere l'età media di pensionamento, senza interventi retroattivi. L'effetto punitivo della norma è amplificato dal fatto che siamo di fronte al terzo intervento nell'ultimo biennio sulle pensioni maturate con i 40 anni di contributi.

La manovra dello scorso anno, in sede di conversone della legge 122/2010, aveva introdotto anche per questi trattamenti il sistema delle finestre mobili, generando non poche polemiche. Secondo il nuovo sistema delle finestre, la fruizione della pensione spetta dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, in caso di svolgimento di lavoro subordinato, oppure dopo 18 mesi, in caso di lavoro autonomo o parasubordinato.
La manovra di luglio di questo anno ha ulteriormente appesantito il sistema delle finestre mobili, per le persone che maturano la pensione con 40 anni di contributi, introducendo delle finestre aggiuntive rispetto alle vecchie. Per chi matura i requisiti nel 2012, la pensione slitta di un mese; i mesi salgono a due per chi matura il diritto nel 2013, e arrivano tre per le pensioni maturate a partire dal 1° gennaio 2014.

Da questa data, quindi, la finestra per chi consegue la pensione con i 40 anni di contributi va da 15 a 21 mesi, secondo l'attività lavorativa svolta. L'attesa aggiuntiva non interessa solo quanti maturano la pensione entro il 31 dicembre 2011, oltre a un gruppo predefinito di 5mila persone, da selezionare tra quelle che matureranno il diritto dopo tale data e che abbiano determinate caratteristiche (lavoratori in mobilità, titolari di prestazioni a carico dei fondi di solidarietà).
La misura, concordata durante il vertice di ieri, in attesa di una valutazione compiuta alla luce dell'emendamento, costituisce dunque l'ultima modifica di una serie di interventi settoriali e selettivi, che lambiscono l'estemporaneità.
Si rinuncia a intervenire sui grandi temi che modernizzebbero in maniera strutturale il sistema previdenziale. Di questo passo, le riforme previdenziali non finiranno mai.

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