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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2011 alle ore 07:56.
L'ultima modifica è del 01 settembre 2011 alle ore 08:05.

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Un rialzo del 3% dei principali indici borsistici come è accaduto ieri a Piazza Affari e in altri listini europei non sta a significare che le aspettative degli investitori siano cambiate all'improvviso. Per arrivare a una vera svolta sulla sostenibilità dei debiti pubblici e sulla crescita, i mercati attendono certezze dalla politica, perché non basta l'intervento delle banche centrali.

Le attese a breve sono concentrate sul discorso che Obama terrà al Congresso il 7 settembre, che verterà sulle misure da prendere per rilanciare l'occupazione.
In Europa le divisioni tra Paesi "core" e periferici, tra leader e elettorati, e quelle recentemente emerse tra gli stessi Stati "tripla A" non aiutano a trovare punti di riferimento per una risoluzione dei problemi sistemici.
Quanto sia complicata la situazione lo dice il fatto che colui che per 20 anni ha dimostrato di essere il miglior gestore obbligazionario del mondo, Bill Gross di Pimco, ha ammesso di aver preso una cantonata memorabile nei primi mesi di quest'anno, quando ha venduto a mani basse titoli di Stato Usa nell'attesa di un rialzo dei tassi che non c'è stato.

Al contrario, e nonostante il controverso declassamento deciso da Standard & Poor's sul debito pubblico americano, i ritorni dei T-bond Usa sono sprofondati ancora più in basso.
Se anche i grandi guru sbagliano nel prendere posizione sulle principali classi di attivo, cosa possono fare i risparmiatori che non passano la giornata davanti ai monitor dei mercati?

Tre cose.
Verificare la tolleranza alle perdite. L'alta volatilità di quest'estate che volge al termine può essere un'occasione per rivedere la propria tolleranza alle perdite, e se il portafoglio posseduto è congruente con questa. Ad esempio: un portafoglio composto all'80% da titoli di Stato dell'area euro, al 10% da azioni internazionali e al 10% da liquidità euro ha subìto - utilizzando i principali indici dei mercati di riferimento - tra il 10 ottobre 2010 e il 19 luglio 2011 un drawdown (correzione) del 4,8%, per poi ridurre la perdita all'attuale 1,4%. Per il momento non siamo in presenza di eventi estremi, poiché secondo i dati Morningstar Encorr un portafoglio come quello descritto ha registrato negli ultimi 23 anni almeno un evento peggiore (in particolare il -5,2% tra il febbraio e il settembre del 1994). È ovvio che in futuro potremmo assistere a perdite peggiori di questa anche con un portafoglio con un livello di rischio moderato come questo, ma in assenza di migliori conoscenze, già il fatto di scegliere l'asset allocation sulla base di un max drawdown storico minimizza la possibilità di incorrere in brutte sorprese. Le perdite che fanno più male sono infatti quelle inattese, perché possono condizionare negativamente le decisioni di investimento future.

Mantenere il rischio del portafoglio in linea con quello desiderato, ma senza il paraocchi. Quando i mercati oscillano sensibilmente, i pesi delle principali asset class in portafoglio tendono a divergere da quelli ritenuti congruenti con il rischio tollerabile. Tornando all'esempio precedente, un investitore che fosse partito il 10 ottobre 2010 con un 10% dedicato alle azioni, si sarebbe ritrovato dopo qualche mese con una quota un po' più alta grazie al +15% messo a segno dalle Borse internazionali fino a febbraio; se non avesse provveduto a limare la sua esposizione - non già per portare a casa un po' di profitti ma semplicemente per riallineare il portafoglio al rischio tollerabile - avrebbe subìto perdite maggiori nei mesi successivi di declino delle quotazioni. Questi ribilanciamenti dei portafogli andrebbero fatti periodicamente, magari con l'aiuto di indicatori di sintesi delle variabili economico finanziarie che descrivono l'opportunità a prendere più o meno rischi sui mercati. Si tratta di indicatori che minimizzano la proabilità di prendersi rischi in modo pro-ciclico, senza la pretesa illusoria di identificare con precisione i momenti di inversione dei mercati.

Tenere conto della propria situazione lavorativa. Al di là della situazione dei mercati e degli indicatori descritti, c'è un numero crescente di persone alle quali conviene prendersi meno rischi per via della maggiore incertezza della propria situazione lavorativa. Ci sono dipendenti del settore privato che oggi corrono un rischio sottilmente maggiore dei lavoratori autonomi o degli imprenditori, perché hanno un solo "cliente" (il loro datore di lavoro) non facilmente sostituibile con un altro. Per queste persone - e per tutte quelle a reddito variabile - gli strumenti finanziari più adatti a coprire con i propri risparmi i rischi dell'attività lavorativa sono i titoli di Stato indicizzati all'inflazione.

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