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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2011 alle ore 08:14.

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Se avevate ancora qualche dubbio sull'orientamento dei leader europei, l'editoriale del ministro dell'Economia tedesco Wolfgang Schäuble sul Financial Times dovrebbe chiarirli: «I Governi della zona euro e non solo non devono limitarsi a dichiarare la volontà di risanare i conti pubblici e migliorare la competitività, devono cominciare ad agire». Così prosegue Schäuble: «Qualcuno teme che il risanamento dei conti, il dimagrimento del settore pubblico e una maggiore flessibilità del mercato del lavoro possano penalizzare la domanda a breve termine. Non sono convinto che sarà necessariamente così ma, anche se fosse, i patimenti sul breve periodo verranno compensati da vantaggi sul lungo. Un incremento della fiducia dei consumatori e degli investitori e una riduzione del numero di disoccupati cancellerà sul medio termine qualunque crollo immediato dei consumi». E dunque austerità prima di subito, senza aspettare che la ripresa sia consolidata. E non ci stiamo a preoccupare se questa austerità aggraverà la recessione: la fatina della fiducia verrà a salvarci, e poi i patimenti temprano il carattere.
La cosa che colpisce di più è l'assenza di una cosa qualsiasi che possa ricordare un modello economico. È tutta una questione di vizi e virtù, sul presupposto che la virtù sarà ricompensata. Quando il ministro dell'Economia tedesco parla così, mentre i Paesi del nocciolo duro dell'euro sono imprigionati in una trappola della liquidità e quelli della periferia hanno un disperato bisogno di una solida ripresa della domanda esterna per rendere sopportabile il risanamento, è difficile vedere qualche speranza per l'euro. Il blogger politico Atrios ha scovato un altro articolo dove si sostiene che i nostri problemi sono dovuti agli irritanti elettori che si rifiutano di sostenere nelle urne misure che i saggi sanno essere nel loro interesse. «Gli appuntamenti elettorali dei prossimi due anni potrebbero indurre i politici a rinviare misure impopolari come i tagli alla spesa pubblica – dice Tina Fordham, analista politica di Citigroup – L'uso di misure-tampone per affrontare sfide economiche di più ampia portata è praticamente inevitabile nelle democrazie mature». Non voglio abbandonarmi a elegie dell'uomo della strada, ma è un fatto che le origini di questa crisi e la sua perpetuazione sono, in larghissima parte, un riflesso degli errori di quelle stesse persone che ora si lamentano dei fastidi della democrazia. Come ha scritto Atrios sul suo blog, Eschaton, l'euro è stato in gran parte un progetto delle classi dirigenti, imposto dall'alto; e sono la Bce e il ministero dell'Economia tedesco, non le sporche masse, ad aver patrocinato quel piano "austerità per tutti" che sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell'euro.
Anche negli Usa sono state le Persone Tanto Coscienziose a dichiarare che la nostra priorità dev'essere ridurre il deficit prima di subito, e a costringerci a tagliare a man bassa la spesa per sventare assalti immaginari dei mercati in un momento in cui la disoccupazione ha assunto proporzioni di massa e i tassi sono ai minimi storici. Gli elettori potranno essere confusi e non molto informati, ma sulla creazione di posti di lavoro hanno più buon senso di chi occupa posizioni di potere. Supponiamo che Jean-Claude Trichet, il capo della Bce, e Schäuble vengano lasciati liberi di dettare le politiche di spesa per l'Europa, senza preoccuparsi dei Governi; che Alan Simpson, ex copresidente della commissione sul debito nominato da Obama, possa dettare la politica di bilancio dell'America, senza tutte quelle sciocchezze parlamentari. Pensate che staremmo meglio? Incolpando la democrazia, quelli che hanno sbagliato tutto distolgono l'attenzione dai loro errori. Le classi dirigenti hanno combinato una catastrofe, da entrambi i lati dell'Atlantico, e ora devono guardare in faccia la realtà.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
© 2011 NYT

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