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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2011 alle ore 08:09.
L'ultima modifica è del 22 settembre 2011 alle ore 06:39.

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Le dinamiche relative al debito pubblico e alla crescita economica catalizzano di questi tempi l'attenzione dei governi di tutto il mondo, in particolare di quelli alla guida delle economie cosiddette sviluppate, tra cui rientrano anche Italia e Regno Unito. Anche questi Paesi debbono individuare strategie di crescita chiare, presupposto indispensabile affinché si possa permettere ai loro sistemi di tornare a crescere.

Tra Roma e Londra, va da sé, esistono strategie differenti sull'argomento: derivano da una diversità sia nell'adozione di policies e stili di governo sia nella gestione dell'economia a livello pubblico e privato. In linea generale vorrei ricordare che le leve su cui un'economia può poggiare per stimolare la sua crescita sono almeno sei: il debito pubblico; la qualità del capitale umano; la qualità delle infrastrutture a livello hard e soft; l'innovazione; la qualità dei processi decisionali e delle regole; la mobilitazione su una vision e l'economia partecipativa.

Ebbene, io ritengo che nell'ambito di economie sviluppate quali l'Italia e il Regno Unito, il debito pubblico non possa più essere l'elemento trainante per la crescita e lo sviluppo, com'è invece accaduto nell'ultimo decennio. Diventa perciò necessario puntare sulle altre leve. Con una puntualizzazione: il potenziale del capitale umano dipende strettamente dalla qualità del sistema scolastico. In questa prospettiva sarebbe dunque appropriato, per esempio, riflettere sulla qualità delle infrastrutture. Se inadeguate e inefficienti, infatti, potrebbero essere la conseguenza di una scarsa immissione di nuovi investimenti, magari legata a una difficoltà di accesso al finanziamento, per cui risulterebbe quanto mai opportuno ridiscutere i sistemi concessori e delle privatizzazioni.

Esiste poi, a mio avviso, un altro tassello fondamentale all'interno di un progetto di crescita ed è rappresentato dall'innovazione. In questo ambito l'attenzione dei decisori pubblici e privati dovrebbe essere orientata su due filoni: il risparmio energetico e l'impiego di fonti alternative. Soltanto in questa direzione saranno possibili salti tecnologici di qualità e forti recuperi di efficienza nell'uso dell'informatica utilizzata nella ricerca e nelle amministrazioni pubbliche. Entra qui, inoltre, un profilo di responsabilità sociale delle economie sviluppate: unicamente con forti risparmi da parte nostra si potrà mantenere un equilibrio ambientale garantendo al contempo l'accesso all'energia, essenzialmente tradizionale, da parte di miliardi di persone che oggi ne vivono senza. Richiedere ai Paesi in via di sviluppo di utilizzare fonti alternative, tendenzialmente molto più costose, sarebbe profondamente iniquo.

C'è un'ulteriore dimensione sulla quale intervenire per tornare a crescere. Ed è legata alla qualità delle regole per la competitività. Sarebbe necessario e stimolante aprire una riflessione sul fatto che oggi, persone, beni e servizi sono molto più mobili di quanto non fossero in passato, mentre regole e qualità della vita sono rimaste locali. Capire come devono cambiare le norme sul lavoro, le strutture dei mercati, le infrastrutture per mantenere e favorire la competitività risulterà fondamentale, decisivo. Per alcuni di questi cambiamenti si può immaginare un costo politico alto, ma un costo economico molto basso. Favorire l'apertura al cambiamento in tema di regole e mobilità sul mercato del lavoro rappresenterebbe un importante traguardo soprattutto per la nostra Italia.

Un ultimo tema da trattare, infine, particolarmente "soft", ma fondamentale in qualsiasi organizzazione - e un Paese, in fine dei conti, non è una grande organizzazione? - riguarda la mobilitazione e il coinvolgimento delle persone. Stimolare in modo convincente la volontà di sentirsi parte di un progetto, facendo percepire che il contributo di ognuno di noi è importante, è un dovere civico. D'altronde, anche far ripartire il desiderio di intraprendere, in particolare nei giovani, porterebbe nuova linfa all'economia del Paese. Oggi, purtroppo, il senso del bene comune e del contributo individuale alla crescita collettiva è davvero molto basso. Per alcuni aspetti la causa va cercata in una carenza culturale.

Ma - per lo più - lo si deve all'assenza di un "progetto Paese". Nel Regno Unito il Governo Cameron in parte lo sta proponendo con Big Society. In Italia, al contrario, sembra essere totalmente assente. Ma senza questa progettualità è impossibile stimolare quella consapevolezza responsabile che può fare anche accettare tagli di bilancio e sacrifici, stimolando al contempo ad agire per ripartire. Questo è un estratto dell'intervento che Alessandro Profumo terrà sabato mattina al convegno «Pontignano 2011», il XIX incontro annuale di scambio culturale tra Italia e Gran Bretagna.
È in programma a Roma da domani a domenica 25 presso Villa Wolkonsky. Il tema del confronto, articolato in quattro gruppi di lavoro, è «Democrazia e malcontento»

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