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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2011 alle ore 07:53.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2011 alle ore 09:19.

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Il segretario al Tesoro americano ha colpito ancora. Ieri ha lanciato un nuovo affondo contro l'Eurozona: «Quel che l'Europa sta cercando di fare è costruire componenti finanziarie e di bilancio complementari al Trattato iniziale di Maastricht. Senza questi elementi più ampi il progetto non funzionerà, si tratta di una minaccia per la stessa esistenza dell'euro». Il titolo del Wall Street Journal Online e' stato di conseguenza «L'Europa rischia di fallire».

Non c'è da stupirsi se l'euro ieri era ancora più debole sul dollaro. Pensieri e parole in libertà, dunque. Come capitò la settimana scorsa, all'Ecofin in Polonia. Geithner avrebbe fatto meglio a starsene zitto. Non l'ha fatto né allora né ieri, e dunque da quel politico consumato che è avrà le sue ragioni. Visto che non si è coordinato con gli europei, non restano che le naturali spiegazioni di politica interna, dominanti su tutto nel torrido clima elettorale americano: distogliere l'attenzione dai problemi domestici è una strategia collaudata alla Casa Bianca. Peccato che poi si sia legati tutti allo stesso carro: se la Borsa a Milano ha perso il 4,52%, a New York non è andata molto meglio con perdite sopra il 3%.

Non che le posizioni di Geithner siano sbagliate ma conosciamo la situazione: vorremmo che questa crisi anche di identità, diventi l'occasione per fare quel passo in avanti verso una Ue molto più solida sul piano fiscale. Speriamo che avvenga, perché sarebbe la premessa (non l'unica) per la maturazione di un vero robusto veicolo finanziario europeo, un Efsf potenziato, insomma una sorta di Tarp per titoli tossici. Lo abbiamo scritto e lo auspichiamo ogni volta possibile, elencando i rischi alternativi. Ma fa differenza se a pronosticare il fallimento dell'euro è un giornalista, un banchiere, un economista oppure il segretario al Tesoro americano. Si immagina subito che sappia qualcosa che non sappiamo. Si scatenano dietrologie prive di senso, ad esempio che l'America vuole l'affossamento dell'euro per tornare al re dollaro. Soprattutto si scatenano i mercati.

Abbiamo visto che cosa è successo in reazione alle parole dalla Fed sulla debolezza dell'economia americana. Sapevamo già che l'economia è debole. Ce lo dicono ogni giorno i singoli dati congiunturali. Ma se è Ben Bernanke a giustificare il (modesto) “Twist” dell'altro giorno con «la debolezza dell'economia e i rischi possibili di peggioramenti congiunturali a causa delle fragilità sul fronte finanziario internazionale» allora di nuovo si reagisce male. Gli operatori sanno che le autorità finanziarie internazionali per mestiere non urlano «al fuoco» in una sala zeppa di gente. E dunque il messaggio di Bernanke ha colpito, anche se lo conoscevamo già. I trader sanno anche che le autorità finanziarie debbono coordinarsi fra loro, scegliere un programma di azione per poi procedere in modo concertato.

È l'abc del multilateralismo. Invitare Geithner in Polonia senza quel progetto è stato un errore. Punto e basta. Quando poi Geithner continua a soffiare sul fuoco è normale avere una percezione amplificata del coordinamento allo sbando e di pericoli imminenti. Speriamo che la G-7 finanziario non si ricominci da capo, anche se non pare che ci sia, purtroppo, molto di nuovo da dire.

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