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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2011 alle ore 08:32.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2011 alle ore 09:03.
La caduta dell'oro, quasi il 10% in due giorni, preoccupa: il lingotto non è il bene rifugio per eccellenza e la valuta più sicura del mondo? Non nei periodi di vera emergenza, in cui la caccia alla liquidità privilegia il dollaro. È una caduta, quella dell'oro, che senza dubbio sta provocando sconcerto tra i risparmiatori. Ma come? Dov'è finito il lingotto-bene rifugio? Che fine ha fatto la regina delle valute, quella che non si può stampare e che ci protegge dallo spauracchio dell'inflazione e dalla potenziale catastrofe dei debiti sovrani?
L'andamento dei prezzi dell'oro, proprio mentre sull'economia globale si addensano nuvole sempre più minacciose, sembra smentire ogni certezza: il lingotto in un paio di giorni ha perso quasi il 10% del suo valore e costa oggi circa 200 dollari l'oncia in meno rispetto al record , recentissimo, stabilito di tre settimane fa a 1.920 dollari.
È proprio perché le cose si stanno mettendo davvero male che anche l'oro è finito nel mirino delle vendite. Sui mercati è partita una caccia forsennata alla liquidità: denaro contante, in dollari, valuta che evidentemente non è stata ancora detronizzata dal metallo giallo. Era già successo in altre occasioni, l'ultima nell'autunno 2008, con l'entrata in recessione. Molti fondi di investimento, forse anche istituti di credito e, secondo qualcuno, addirittura banche centrali sarebbero alla ricerca di liquidi, per tamponare emorragie di vario genere: perdite sui listini azionari, richieste di margini di garanzia esorbitanti, oneri sempre più pesanti sul debito e chi più ne ha più ne metta.
L'emergenza finirà. Non c'è dubbio. Nel 2008, dopo un ribasso del 18% in ottobre, l'oro rimbalzò del 23% nei due mesi successivi.
Naturalmente nessuno può garantire che la storia si ripeta in ogni dettaglio, compres a la scena p finale. E il consiglio prevalente, nelle fasi più concitate dei mercati, come quella attuale, è quello di tenersene alla larga. Non si sa mai che cosa potrà succedere.
E poi, nell'attuale discesa dell'oro, ci sono aspetti poco chiari, persino agli occhi degli esperti. Al di là del crollo degli ultimi due giorni, le quotazioni del lingotto sono già deboli da un po'. E un paio di settimane fa, lontano dagli occhi dei profani, era accaduto un evento rarissimo: il "gold leasing rate", una sorta di tasso di interesse che ricompensa chi presta oro in cambio di dollari, era scivolato in negativo fino a un minimo storico di -0,48 per cento. In linea teorica, significava che per poter prestare oro bisognava pagare, invece di essere pagati.
Cosa stava succedendo? E cosa sta succedendo anche oggi, che il tasso è risalito, ma rimane comunque bassissimo? Evidentemente c'è troppa gente che cerca di scaricare oro in cambio di dollari, o quanto meno che c'è più gente disposta a cedere oro di quanta non sia invece disposta a prenderselo, rinunciando ai biglietti verdi. Si tratta solo hedge funds in crisi c'è anche qualche soggetto più grande che vacilla? Tra gli operatori si è sparsa la voce che potrebbero esserci qualche banca centrale impegnata a vendere, approfittando della scadenza la settimana prossima del Central Banks Gold Agreement: un accordo che impegna una ventina di banche centrali europee e il Fondo monetario internazionale a non cedere più di 400 tonnellate di riserve auree l'anno. Difficile che l'imminente scadenza possa mettere fretta a qualcuno, visto che poi si apre subito un'altra quota da 400 tonnellate e visto che quest'anno le vendite sono state le più basse dalla creazione del patto: appena 53,3 milioni di tonnellate, di cui 52,2 da parte dell'Fmi. L'ipotesi che ci sia anche qualche Governo costretto a vendere i gioielli di famiglia, oggi come oggi non è più da fantascienza.
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