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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2011 alle ore 07:57.
L'ultima modifica è del 26 settembre 2011 alle ore 08:53.
Non c'è pace per la Civit, la commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle pubbliche amministrazioni insediata a dicembre 2009 presso il ministero di Renato Brunetta. A gennaio 2011 se ne è andato sbattendo la porta l'ingegner Pietro Micheli, uno dei cinque componenti, in polemica con la reale efficacia della commissione.
A giugno l'ha seguito Luisa Torchia, professore universitario e avvocato: questa volta i toni dell'abbandono non sono stati polemici. Nell'estate 2010 era stato il presidente della commissione, il magistrato Antonio Martone, a finire sulla scena perché coinvolto nelle indagini sulla P3. Giovedì, infine, è arrivata dalla Camera – il Senato si esprimerà in settimana – una nuova doccia fredda: la commissione Affari costituzionali ha bocciato la proposta del Governo di ricompattare i ranghi della Civit con la nomina di due accademici, Romilda Rizzo e Alessandro Natalini. Tutto questo mentre il disegno di legge anti-corruzione assegna alla commissione un nuovo compito. E non di scarso calibro: coordinare la lotta alle tangenti nella pubblica amministrazione. In queste condizioni, però, le mazzette hanno ben poco da temere.
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