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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2011 alle ore 08:50.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2011 alle ore 09:09.

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Politica fiscale e politica monetaria. Patto di stabilità e Bce. La cronaca della prossima settimana presenta in modo emblematico il legame tra due mondi che, in tempi normali, si pensa siano e debbano essere non solo separati, ma diversissimi: "politico" e un po' alchemico - perché pretende di trasformare il piombo, se non qualcosa di peggio, in oro - il mondo dei conti pubblici; tecnico e scientifico quello dei tassi.

Non è chiaro a tutti, infatti, che la politica monetaria può "funzionare" soltanto quando c'è stabilità fiscale. Eric Leeper, economista della Indiana University, esperto dei due mondi, lo chiama «il piccolo, sporco segreto» delle Banche centrali. Se le famiglie, i risparmiatori, gli investitori dovessero iniziare a pensare che i surplus futuri non saranno sufficienti a ripagare i debiti, non è infatti escluso che l'inflazione non vada fuori controllo, indipendentemente dalla quantità di moneta in circolazione e dalle scelte della politica monetaria.

Tutto avviene attraverso le aspettative, che per fortuna non sono così volatili come si potrebbe immaginare e temere: neanche le più catastrofiche proiezioni del Congressional Budget Office (Cbo) sui conti Usa sono riusciti a smuovere quelle degli investitori e delle famiglie americane.

Questo non significa, però, che il mondo politico europeo possa proseguire a lanciare parole e fatti contraddittori. La politica "del rischio calcolato", che a volte è sembrata produttiva in tempi normali, non ha alcun senso in situazioni di stress, perché non c'è nulla che si possa calcolare: l'incertezza è troppo elevata e ogni passo è, più del solito, una scommessa.

Il mondo politico europeo - quello che si riunisce oggi e domani nell'Ecofin - sembra però ancora oscillare tra due pericolosi errori: l'idea che occorra semplicemente "calmare" i mercati - quasi fossero in preda all'isteria - e la tentazione di ignorarli, proprio perché irrazionali. John Cochrane, che insegna Finanza all'Università di Chicago, ha spiegato che proprio questo è il vero nodo: «Il più profondo problema dell'Europa - ha scritto sul Wall Street Journal - sono le cattive idee. Movimenti spiacevoli dei prezzi rappresentano "scarsa liquidità", "manipolazioni del mercato", "mancanza di fiducia" e "contagio", e non la dura realtà di un default che incombe». E che chiede decisioni sagge.

È vero, un esito "interlocutorio" dell'Ecofin, anche su un tema cruciale per la stabilità fiscale come il nuovo Patto di stabilità, potrebbe non avere effetti immediati. Alcuni analisti, del resto, si aspettano poco da un incontro nel quale torneranno a scontrarsi gli interessi in conflitto dei singoli di Eurolandia, che solo a fatica stanno costruendo quel "bene comune" costituito dalle regole. Sia chiaro però il rischio: se un domani, per l'accumularsi degli urti, le aspettative dovessero iniziare a erodersi, i danni sarebbero più grandi di quanto si immagini.

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