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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2011 alle ore 09:50.

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Chiamatelo salvataggio pubblico, break up (spezzatino) o come volete voi. La sostanza non cambia. Con Dexia, l'Europa ha di fatto vissuto il primo fallimento di una banca sul suo territorio dalla crisi Lehman in poi. L'anticamera era stato il primo salvataggio, anch'esso pubblico, del 2008. Ma la proporzione con il crack attuale non ha confronti. Di fatto i Governi di Belgio, Francia e Lussemburgo si fanno carico della patata bollente del conglomerato del credito. Quel portafoglio legacy da 95 miliardi di euro di vecchi mutui subrime mischiati a bond governativi e titoli a basso rating che minavano dall'interno la banca fin dalla crisi del 2008. E non è casuale che il presidente dimissionario del braccio malato della banca, il belga Jean-Luc Dehaene, abbia confidato ieri che il Ceo Pierre Mariani, dichiarò che, Dexia nel 2008 «non era una banca, ma un hedge fund». Non ci voleva Mariani a scoprirlo, bastava guardare i conti pubblici.

Nel 2008 infatti Dexia, secondo l'analisi dell'Ufficio studi di Mediobanca, aveva un attivo di bilancio pari a 189 volte il capitale netto. Uno sproposito se si pensa che la media europea si fermava a un livello già assai elevato di 42 volte. La cura Mariani ha in parte funzionato, ma non abbastanza, visto che nel 2009 la leva tra attività e patrimonio era scesa sì a 58 volte, ma ancora lontana dalla media continentale di 28. E, particolare sorprendente, in tutte e due gli anni, Dexia si mostrava virtuosa sul fronte della solidità con un Tier 1 ben sopra il 12%, caratteristica che si è portata appresso fino all'altro ieri. La domanda da porsi è: come si fa ad avere una leva così tirata e mostrare una solidità da far invidia a chiunque? Semplice. È una sorta di maquillage contabile che continua a essere usato dalle grandi banche del Nord Europa. Si tengono bassi gli attivi rischiosi. Dexia ha tuttora attivi a rischio per poco più di 120 miliardi su un bilancio di oltre 500 miliardi.

E così puoi continuare a fare l'hedge fund pur essendo una banca, senza che nessuno o quasi se ne accorga. Il paradosso in tutto ciò è che le normali banche tradizionali si trovano penalizzate, perché i prestiti a imprese e famiglie sono considerati a rischio, mentre i portafogli titoli hanno rischio zero o quasi. Così una grande banca d'affari ha la tendenza a imbottirsi di titoli di ogni sorta perché lì fa i guadagni, senza che venga (solo formalmente) minata la sua solidità. Una bella e pericolosa illusione ottica che è durata più del dovuto. Appena Dexia ha svalutato, per la prima volta solo ad agosto scorso, il valore del portafoglio legacy si è aperta una crepa insanabile. Si è capito subito che quei 4 miliardi di perdite sui titoli erano solo l'antipasto. Il peggio sarebbe arrivato, così come è stato. E quel peggio non è affatto passato. Anzi è passato di mano: dalla banca ai contribuenti francesi, belgi e lussemburghesi. Loro garantiranno, per i prossimi 10 anni, i 90 miliardi del costo-salvezza. Che, guarda caso, sono l'ammontare dell'intero portafoglio titoli di Dexia. Le prossime perdite saranno appannaggio loro.

fabio.pavesi@ilsole24ore.com

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