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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2011 alle ore 07:28.
L'ultima modifica è del 21 ottobre 2011 alle ore 08:32.

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Se l'Unione europea vuole davvero far qualcosa di utile per le sue banche - almeno quelle che servono alle famiglie ed alle imprese - deve fare subito due cose. Da un lato rendere il cosiddetto fondo salva-Stati un veicolo per la stabilizzazione del debito, che acquista alla scadenza i titoli pubblici dei tre Paesi membri a rischio insolvenza, pulendo così definitivamente i bilanci bancari.

In secondo luogo, sospendere l'iter di adeguamento a Basilea 3, che si è di fatto trasformato in una sovra-valutazione del ruolo dei soli coefficienti di capitale, a favore di una Basilea 4, che valorizzi tutte le forme a disposizione di mitigazione del rischio.
Come è già accaduto più volte nelle scorse settimane, mercati e cittadini sperano che l'Unione europea definisca e metta in atto una politica che dia al sistema economico e finanziario quelle certezze su cui si fonda una prospettiva di crescita. L'incertezza regna e cresce, in una spirale in cui si intrecciano almeno quattro problemi: l'asfissia della ripresa, i debiti sovrani fuori controllo, i bilanci bancari e la volatilità delle borse. Per interrompere la spirale, occorre separare i quattro lati di questo "quadrato nero", partendo dai due più urgenti: i bilanci pubblici e quelli bancari.

Prima constatazione: oggi nell'Unione ci sono tre Paesi a rischio insolvenza, mentre tutti gli altri - e sottolineiamo tutti - sono, in modi diversi, a rischio illiquidità. Proviamo a guardare gli indicatori di rischio - gli spread - dei diversi Paesi europei. Ma non compariamoli fra di loro. Se guardiamo allora ai titoli privi di rischio fuori dall'Unione - i titoli svizzeri, o gli svedesi - ci accorgiamo che nell'Unione ci sono oggi i titoli di serie B e gli altri. I titoli di serie B sono quelli che hanno già differenziali a due cifre in termini di spread - sono Grecia e Portogallo con 24 e 12 punti base- o che si avvicinano- come l'Irlanda quasi a 9. Gli altri Paesi membri possono essere considerati ancora a rischio illiquidità: si va dai 5 punti di spread di Spagna e Italia, ai 2 di Francia e Austria, al punto della Germania. Anche le ultime aste dei Bund dovrebbero far capire ai tedeschi che oramai in Europa «simul stabunt, simul cadent». Dunque siamo ancora in tempo per avere come obiettivo comune quello di sterilizzare il contagio dei debiti di tutti da quello dei titoli di serie B.

Seconda constatazione: i titoli di serie B sono divenuti tali per colpa dell'Europa e dei governi nazionali, non certo delle banche. L'Unione ed i governi nazionali - in tempi e modi diversi, ma nessuno escluso, compresa Francia e Germania - hanno tradito il principio fondamentale della disciplina fiscale, condizione necessaria perché una Unione monetaria regga. Dunque sono l'Unione ed i governi nazionali che si devono fare carico dei costi di riformare il Trattato e di gestire i debiti a rischio insolvenza, per ripristinare la credibilità perduta.

Terza constatazione: i danni che i titoli di serie B possono provocare all'Europa sono tanto maggiori quanto più rimarranno nei bilanci delle banche. Dai dati aggiornati al dicembre 2010, sappiamo che nei bilanci delle prime 90 banche europee c'erano circa 98 miliardi di titoli greci, 53 miliardi di titoli irlandesi e 43 miliardi di titoli portoghesi. Quale è il rischio sistemico che questi titoli rappresentano per l'Europa?. Finchè rimangono nei bilanci bancari, non lo sappiamo! Infatti l'effetto moltiplicativo di un default di debito sovrano non è calcolabile, visto che il sistema bancario europeo è fortemente interconnesso e complesso, non solo al suo interno, ma anche con la famigerata finanza ombra, fatta di piramidi di strutturati ed intermediari non bancari.

Dunque il fondo europeo di stabilità ha di fronte a sé due strade: una "Operazione Pulizia", con acquisti dei titoli pubblici di serie B alla loro scadenza. Le banche - e tutti i proprietari - potrebbero allora detenerli fino alla scadenza - senza subire perdite in conto capitale - e decidere se rinnovare o meno, sapendo che c'è sempre un acquirente residuale, il fondo. Il fondo rappresenterebbe il taglio del nodo di Gordio che oggi lega i titoli di serie B, gli altri titoli, ed i bilanci bancari, colpiti negativamente sia nella rischiosità che nel costo del funding. Oppure il Fondo può scegliere la strada che purtroppo pare la preferita: diventare uno strumento più o meno diretto della panacea rappresentata dalla ricapitalizzazione delle banche, che è una pericolosa illusione, alla luce delle tre considerazioni fatte. Che si unisce alla illusione di trovare nei soli coefficienti di capitale il rimedio a tutti i mali, che l'Unione europea sta passivamente e colpevolmente perseguendo. Per prevenire il rischio sistemico occorre una archittettura più completa ed equilibrata, dove i presidi della liquidità e dei limiti alla leva devono avere spazio adeguato, come pure una tassazione penalizzante per le attività ad alto rischio sistemico, soprattutto se non regolamentate. Speriamo che il risveglio dalle illusioni non sia troppo doloroso.

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