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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2011 alle ore 08:40.

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Caro Presidente Sarkozy,
che strapazzata domenica sera a Bruxelles, povera Italia. E con che cipiglio. Smorfie e risolini a parte, forse fuori programma e fuori luogo, anche se la Merkel al suo fianco, mi lasci dire, ha mostrato più autocontrollo. È proprio vero che la classe tedesca non è acqua. Ma non stiamo a sottilizzare, a perderci in paragoni antipatici.
Monsieur le Président, lei ha ragione. Quella lavata di capo ce la meritiamo tutta.

Troppi i nostri colpevoli ritardi, le riforme strutturali e le liberalizzazioni mancate, dal mercato del lavoro all'efficienza di una giustizia che con le sue eterne lungaggini scoraggia gli investimenti nel nostro Paese. Troppi i lacci e lacciuoli burocratico-regolamentari che strangolano la crescita della nostra economia nonostante il suo grande potenziale. Troppa, in breve, l'inerzia del Governo Berlusconi. Per questo avete fatto bene l'altra sera a pretendere dal nostro presidente del Consiglio una lettera scritta in cui si enumerino tutti gli impegni che dovrà onorare su questo fronte e su quello del consolidamento fiscale.

Le riforme vanno fatte al più presto e non saranno mai abbastanza. Nell'interesse dell'Italia prima ancora che dell'area euro. Nel mondo globale, senza riforme che rendano le economie più flessibili, non si cresce, quindi alla lunga non si riesce a ripagare l'eccesso di debiti pubblici accumulati.

Quando si ha una moneta comune, questo è un rischio che non si può correre, meno che mai si può farlo correre ai propri partner. Presidente però ho alcune domande che mi rodono. Sette, mi perdoni, spero non siano troppe. Mi ha colpito il suo viso tirato, l'altra sera, così diverso da quello tranquillo del cancelliere tedesco. eIrritazione per le inadempienze del Governo italiano?

Oppure per le bizze di Bini Smaghi che si ostina a non liberare la poltrona della Bce nonostante le assicurazioni contrarie che in giugno aveva dato a lei personalmente? Dicono, presidente, che nel suo entourage molti l'accusino di ingenuità, la invitino a non fidarsi degli italiani.

Di sicuro la vicenda è un colpo basso per la credibilità dell'Italia, che già non brilla. Consideri, quindi, che è un grosso danno anche per noi. Per questo siamo i primi a sperare che alla fine prevarrà il senso di responsabilità dell'interessato. Per quanto pesante per lei sia la grana Bini Smaghi, il rischio che un francese non sieda nel direttivo della Bce dove ci sarebbero invece ben due italiani di cui uno presidente, ho l'impressione che ci siano guai ancora peggiori a tormentarla. Primo, la stabilità del sistema Italia.

Davvero teme che salti? È vero che l'euro ci lega come in cordata e che, se precipita, un'economia grande come la nostra è in grado di tirarsi dietro tutti, anche la Germania. Però le nostre inadempienze non sono irrecuperabili, il consolidamento dei conti pubblici è ben avviato, il debito è sostenibile. Magari, se lei e la Merkel parlaste un po' meno in libertà, forse i mercati sarebbero meno emotivi e gli spread si allargherebbero meno. A ben vedere poi il nostro deficit non è così malvagio: 4% nel 2011 contro il vostro 5,8. Siamo noi e non voi i più vicini al 2% della Germania. Certo la nostra crescita, con l'1%, è troppo piatta, anche se il vostro 1,8 non fa faville. Il debito al 120,3% è pessimo però è il peso del passato e con la grande crisi è salito di 14 punti. Il vostro è schizzato quasi di 20. Abbiamo un deficit delle partite correnti al 3,5% del Pil, un po' meno peggio del vostro che è al 3,9, contro l'attivo tedesco del 4,7.

Se mi permette, non siete un esempio di virtù e nemmeno un irresistibile modello di competitività economica. Se poi prendiamo le banche, le nostre non le abbiamo inondate di aiuti pubblici, non ne avevano bisogno come le vostre. Che oggi traballano anche perché incautamente si sono sovraesposte nell'acquisto di bond sovrani più o meno deteriorati. Secondo i calcoli dell'Eba, le sue banche sono esposte per 84,6 miliardi, 53 sui titoli italiani. A fronte dei 118 sul debito francese. uVisto che siamo così legati, presidente, non è che lei paventa la vulnerabilità dell'Italia perché la priverebbe del comodo scudo dietro il quale oggi può riparare le tante fragilità francesi?

Non è che fa la voce così grossa con noi per distogliere l'attenzione dal suo Paese, dalla difficile ricapitalizzazione delle sue banche?

Sbaglio o per questo tra i suoi incubi c'è la perdita della "Tripla A", quelle 3 lettere magiche che oggi tengono ancora in piedi la parvenza della parità con la Germania, che avete perso nel 1990 con la riunificazione tedesca? Una tragedia devastante per la "grandeur" francese. Intollerabile nell'anno delle presidenziali. Conclusione: se l'Italia di Berlusconi piange, la sua Francia non ride.

Se così stanno le cose, dobbiamo più che mai restare uniti, non crede? Allora niente sparate contro nessuno, per favore. I mercati ci ascoltano.

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