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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 26 ottobre 2011 alle ore 09:31.

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In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 21 luglio 1998, mentre la Banca centrale europea muoveva i primi passi, Franco Modigliani e io sostenevamo con forza che era un errore considerare che il compito della Bce consistesse e si esaurisse nell'assicurare la stabilità dei prezzi.
Il successo dell'euro richiedeva un'economia europea forte e in crescita. La lotta all'inflazione non poteva essere tutto. Per questo, nell'articolo, formulavamo l'auspicio che "la Bce accetti di definire in modo più ampio e costruttivo i suoi compiti, includendo fra i suoi obiettivi... quello di una riduzione consistente della disoccupazione". Concludevamo chiedendo che altre voci si unissero alla nostra "nell'esortare la Bce a non rifugiarsi dietro una interpretazione letterale e ristretta del suo mandato". Secondo noi – scrivevamo – "un rifiuto ad assumersi questa responsabilità metterebbe a repentaglio il successo politico dell'euro e potrebbe perfino condurre al suo fallimento".

Era il 1998, tredici anni fa, quando l'Unione monetaria era agli inizi e aveva davanti a sé la possibilità di scegliere come muoversi. Noi ritenevamo incomprensibile il silenzio su questi temi degli economisti; soprattutto dei più autorevoli fra essi, che tacquero ignorando i problemi che si andavano accumulando in seno all'Unione monetaria, proprio per l'impostazione poco lungimirante della moneta unica.
Questi argomenti tornano tutti nell'articolo del professor Guido Tabellini pubblicato sul Sole 24 Ore di domenica scorsa 23 ottobre. Tabellini scrive che gli accordi che periodicamente vengono annunziati, non andando al fondo dei problemi, non sono risolutivi. E offre un certo numero di indicazioni in positivo. Egli sostiene che la Banca centrale europea non può vivere in un empireo nel quale conta solo la stabilità dei prezzi, e che essa deve farsi carico, come tutte le banche centrali del mondo, della stabilità finanziaria dell'area di sua pertinenza. In particolare – afferma Tabellini – ciò significa, oggi, che la Bce dovrebbe tenere i tassi di interesse più bassi possibile e lasciare scivolare l'euro nelle sue quotazioni per agevolare le esportazioni europee e, per questa via, la ripresa economica.

Tutto questo è detto benissimo. Mi limito a osservare che questa politica di bassi tassi di interesse e di quotazioni realistiche dell'euro non vale solo per il futuro: essa doveva essere praticata da molto tempo. Se fosse stata praticata, noi non saremmo alla crisi dell'euro. E non è detto che oggi, accumulati tanti anni di errori, sia possibile salvare l'Unione monetaria. Tabellini dubita che ora la Germania sia pronta a convincersi "che l'euro è stato costruito su fondamenta difettose" e che ci vorrà tempo perché se ne persuada. Che economisti di vaglia abbiano oggi maturato queste opinioni è un dato prezioso per cercare soluzioni possibili di fronte al disastro che è sotto gli occhi di tutti.
Intorno al 2000, Modigliani promosse un manifesto sul problema della disoccupazione in Europa. Penso che sia venuto il momento che tutti coloro che oggi vedono con chiarezza i termini dei problemi europei preparino un manifesto per una politica economica capace di rilanciare l'euro e consolidare l'Unione monetaria.

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