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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 09:10.
L'ultima modifica è del 26 ottobre 2011 alle ore 09:10.

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Dalle elezioni per l'assemblea costituente in Tunisia arriva la prima lezione della primavera araba: se i partiti laici intendono contrastare l'ascesa dei movimenti islamici devono coalizzarsi. Gli islamici, definiti moderati, di Ennhada hanno distanziato gli altri partiti proprio perché le formazioni laiche si sono presentate frammentate e in ordine sparso, privilegiando il protagonismo di leader che hanno poca presa sull'elettorato.
La situazione potrebbe ripetersi a fine novembre per le elezioni in Egitto, dove i Fratelli Musulmani sono organizzatissimi, ma anche in Libia, che ha già scelto come fonte della legislazione la sharia, la legge islamica: questo è il nuovo volto della sponda Sud e i laici – se vogliono sopravvivere politicamente – devono adattarsi con intelligenza alla situazione.
Adesso a Tunisi sono partite le manovre per il nuovo Governo: almeno un paio di partiti secolaristi faranno quasi sicuramente un'alleanza con Ennhada. Qualcuno dice che è come negoziare con il diavolo. In realtà gli islamici non sono né angeli né demoni ma professionisti della politica che valutano le opportunità con cinico realismo. Vincono anche per questo.

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