Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2011 alle ore 06:39.

My24

La scorrettezza istituzionale verso l'Italia commessa da Nicholas Sarkozy e Angela Merkel è andata a loro demerito personale, togliendo un poco di smalto ai rispettivi Paesi, poiché i loro rappresentanti non hanno saputo comportarsi in modo consono ai ruoli. Questo non consola gli italiani per l'ingiusto dileggio e per il disvalore che è stato riversato sul Paese. Lo respingiamo perché è inappropriato.

L'Italia non è solo uno dei tre Paesi fondatori dell'Europa, e tuttora uno dei tre maggiori Stati: è la seconda potenza manifatturiera d'Europa, subito dopo la Germania ma ben davanti alla Francia. Ha saputo difendere questo ruolo di fronte alla crescita dei Paesi emergenti. Mentre la Cina superava gli Usa diventando la prima potenza manifatturiera mondiale, la classifica dei grandi Paesi industriali vede al terzo e al quarto posto Giappone e Germania, seguiti dall'India.

La Corea precede di poco l'Italia, che si colloca al settimo posto, a maggiore distanza seguono Francia e Regno Unito. La capacità manifatturiera di un Paese è un elemento non adeguatamente valutato in passato, quando la droga finanziaria ha gonfiato i conti e i valori nei Paesi più sviluppati, ma ritorna in primo piano oggi, quando la speranza di ripresa, proprio per i Paesi ricchi, consiste nel farsi trainare dalla domanda di quelli emergenti.

Grazie a essi il mondo è cresciuto del 5% nel 2010 e crescerà in media intorno al 3,5% nel triennio 2011-2013 (Prometeia). Non sono tassi da crisi, sono tassi elevati se raffrontati alla crescita del prodotto lordo mondiale nel lungo termine; ma sono alimentati da motori geograficamente lontani e possono beneficiarne solo i Paesi in grado di produrre beni esportabili. Come ha dimostrato la Germania; e come hanno dimostrato le esportazioni italiane nella prima metà del 2011. Ma anche gli Usa hanno riscoperto la forza del manifatturiero, in quel Paese legata alle nuove tecnologie. Il grafico, che documenta il sorpasso della capitalizzazione di borsa di Apple rispetto alla somma dei valori di tutte le banche europee che compongono l'indice di settore Euro Stoxx, avvenuto il 19 agosto, consente di comparare la solidità della crescita dei valori manifatturieri rispetto alla volatilità di quelli finanziari.

Un'economia così solidamente produttiva come quella italiana, sostenuta da imprese che sanno investire e svilupparsi all'estero, non può essere considerata con leggerezza. Neppure da coloro ai quali ha affidato, con libere elezioni, il compito di scrivere leggi e compiere atti di governo che garantiscano lo sviluppo del Paese.

Gli operatori economici hanno assistito con preoccupazione al passare dei giorni, delle settimane, dei mesi di attesa a partire dalla lettera della Bce del 5 agosto con cui si indicavano misure precise e ragionevoli da approvare subito e convertire in legge entro settembre, nell'interesse prima di tutto dell'Italia. Misure politicamente costose, ma non quanto l'inazione: che si è tradotta in un 4% di spread del costo del denaro, sufficiente a uccidere la redditività dei normali investimenti industriali. E che potrebbe determinare effetti più rapidi e micidiali sulla capacità di credito, avviando una spirale che avrebbe riflessi catastrofici sull'occupazione. Non si deve aspettare oltre. Anche l'uomo della strada comincia a capire che il denaro del Nord Europa è indispensabile, e che questo denaro non sarà dato per consentire agli italiani di andare in pensione prima dei tedeschi. Se è così, speriamo che ne prendano atto rapidamente anche i suoi rappresentanti, e che chi dovrà negoziare con Bruxelles i risultati delle nostre esitazioni possa ottenere un rispetto non inferiore a quello che è stato concesso a Papandreou.

Shopping24

Dai nostri archivi