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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2011 alle ore 08:05.
L'ultima modifica è del 28 ottobre 2011 alle ore 09:22.

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La straordinaria performance del mercato del lavoro tedesco è stata piuttosto ignorata negli ultimi due anni, specialmente con l'aggravarsi della crisi europea del debito. Durante la Grande Recessione, mentre il Pil del Paese scendeva di oltre il 6% il tasso di disoccupazione addirittura calava.

Questo "miracolo" merita attenzione, perché i Paesi in difficoltà dell'Europa meridionale non riusciranno a raggiungere un tasso di crescita sostenibile, adeguato a ridurre il loro debito, se non riusciranno a mobilizzare il lavoro non utilizzato verso impieghi produttivi, soprattutto le donne, i giovani e i lavoratori non qualificati.

L'esperienza tedesca può insegnare molto sulla competitività e il funzionamento del mercato del lavoro in condizioni economiche avverse. Le principali caratteristiche di questo sistema sono diverse. Primo, un meccanismo di fissazione dei salari a doppio binario, ossia attraverso la contrattazione collettiva tra sindacati e le associazioni delle imprese e la contrattazione decentrata tra rappresentanze aziendali e management. Secondo, un sistema di formazione e contratti di apprendistato bene organizzato e finanziato da una tela complessa formata da imprese e governo. Terzo, sistemi di welfare sociale che aiutano i lavoratori disoccupati a trovare nuovo impiego ma allo stesso tempo che sanzionano chi smette di cercarlo. Quarto, un sistema di sussidi di breve periodo, tipo la cassa integrazione italiana, che permette alle imprese di sopravvivere, superare la recessione e salvaguardare prezioso capitale umano.

Questo sistema si è gradualmente affermato negli ultimi vent'anni in risposta alle sfide poste dalla riunificazione con la Germania dell'Est e dalla globalizzazione, in particolar modo la concorrenza dai Paesi a basso costo del lavoro in Europa centro-orientale. Dalla metà degli anni 90, imprese medie e grandi hanno smesso di pagare il lavoro straordinario sostituendolo con un sistema di "contabilità del tempo di lavoro" che permette ai dipendenti di gestire il proprio tempo in modo flessibile. Con questo sistema, negoziato collettivamente e non imposto dall'alto, i lavoratori che accumulano credito di ore di lavoro straordinario, lo possono utilizzare poi per periodi di vacanze, senza una riduzione del salario. Se le imprese non permettono ai lavoratori di utilizzare questa opzione a salario pieno entro una determinata finestra temporale (ad esempio, sei mesi), dovranno pagare le ore di lavoro straordinario al salario convenuto. I crediti temporali dei lavoratori rappresentano un debito privilegiato delle imprese e devono essere pagati ai lavoratori licenziati.

La contabilità del tempo di lavoro ha permesso alle imprese di ridurre il costo del lavoro e di fornire un meccanismo per condividere gli oneri dell'aggiustamento durante la crisi. Le aziende a cui diminuiva la domanda chiedevano ai lavoratori di utilizzare i loro crediti di tempo di lavoro, di fatto garantendo loro un permesso retribuito invece di licenziarli. Durante la crisi l'utilizzo dei crediti ha permesso di evitare un forte impatto sul tasso di occupazione e, allo stesso tempo, ha preservato quella moderazione salariale che ha caratterizzato il mercato del lavoro tedesco dopo l'introduzione dell'euro.

La flessibilità delle regole del lavoro non spiega tutto. Circa 40% del "miracolo" è dovuto anche alla cautela che le imprese hanno avuto nell'aumentare l'occupazione durante la precedente espansione, almeno fino al 2007, quando il Pil cresceva molto rapidamente. Nonostante la crescita, quello è stato un periodo di grande incertezza: era difficile prevedere la dinamica della domanda aggregata alla luce della crescente integrazione con l'Europa centro-orientale; gli effetti delle riforme del mercato del lavoro (2003-2005) non erano ancora noti e l'economia mondiale si stava riprendendo dal crollo del dot-com. E certamente parte del miracolo è dovuta alla moderazione dei consumi e alla parsimonia dei tedeschi. Comunque il ruolo delle riforme del mercato del lavoro nel ridurre la disoccupazione di lungo periodo, attraverso governi diversi e una recessione durissima, è stato fondamentale.

Ora, è difficile per gli economisti concentrarsi su problemi diversi dal salvataggio dei bilanci delle banche e dalle ricerca della rettitudine fiscale. Tornare a una crescita sostenibile è un passo essenziale per risolvere la crisi del debito. Un mercato del lavoro efficiente e flessibile è una condizione fondamentale per ottenere il risultato, soprattutto data la concorrenza internazionale. È importante fare tesoro delle lezioni tedesche prima che diventino una distante e vaga memoria.

Michael Burda è professore di Economia all'Università Humboldt di Berlino
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