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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2011 alle ore 08:42.
L'ultima modifica è del 31 ottobre 2011 alle ore 08:56.
L'aspetto chiave della lettera italiana a Bruxelles su cui il nuovo super-commissario per l'euro Olli Rehn promette di non distogliere gli occhi è quello dei tempi di attuazione delle varie misure indicate dal Governo.
Tra gli obiettivi più impegnativi c'è quello della piena attuazione della riforma universitaria, con il corollario che rilancia la "libertà" sulle tasse per gli atenei in cambio di prestiti d'onore e maggiori tutele per chi ha più meriti intellettuali che di portafoglio.
Se la credibilità è moneta sonante sui mercati, la prosecuzione dei balletti infiniti tra i tanti micro-interessi di parte ha un costo pesante. Vallo a spiegare, al super-commissario, che i docenti si oppongono al decreto sulla valutazione perché rischia di escludere dalle commissioni di concorso (e dal loro potere) chi da un decennio non pubblica un rigo; che le strutture vedono come fumo negli occhi il tramonto dei micro-dottorati cuciti su misura per gli interessi di bottega; che rettori o rappresentanze studentesche si oppongono a rivedere un tetto ai contributi che più di metà degli atenei ignorano da anni. Fare davvero una riforma è un affare complicato, e il suo successo, come il suo fallimento, è figlio di molti padri.
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