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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2011 alle ore 09:39.

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Investire, di questi tempi, in titoli bancari vuol dire sottoporsi inevitabilmente al gioco dell'elastico delle quotazioni. Che in sé assomiglia a una sorta di fatica di Sisifo. A uno strappo violento dei prezzi verso l'alto fa seguito immancabilmente una fiondata verso il basso.

Tanto da finire (quando va bene) al punto di partenza. Ieri UniCredit ha chiuso in calo del 12,4% a un prezzo di 74 centesimi. Il titolo di Piazza Cordusio vale oggi lo stesso prezzo toccato prima del maxi-rimbalzo del marzo del 2009. Destino analogo per l'altro big italiano Intesa Sanpaolo che ha perso ieri in una sola seduta il 15,8%. L'azione quota 1,09 euro, un prezzo ancora più basso dei minimi del 9 marzo del 2009 quando Intesa ripartì, dopo il crack Lehman, dalla quota che sembrava irrealistica di 1,28 euro.

Le quotazioni del Banco Popolare sono addirittura più basse del 30% da quei lontani livelli della primavera del 2009. L'effetto retro-azione dell'elastico dei bancari è ancora più evidente per Monte dei Paschi. Dopo essere salita da 70 centesimi a 1,28 euro, tra marzo e agosto di due anni orsono, la banca è scesa inesorabilmente verso il basso tra continui strattoni e oggi vale solo 30 centesimi.

Questa è la storia di medio periodo, costruita tassello su tassello da sedute giornaliere che oscillano tra rialzi a due cifre seguiti da ribassi di analoga intensità. Che insegna tutto ciò? Poche cose ma da tenere a memoria. Che sulle banche si sprigiona tutta la volatilità di cui sono capaci i mercati. E quando l'incertezza la fa così tanto da padrona meglio soprassedere e soprattutto evitare di operare da strenui cassettisti. Basti un esempio.

Chi ha comprato UniCredit il 4 ottobre a 74 centesimi guadagnava oltre il 30% già il 12 ottobre. Se non si è venduto in tempo quel guadagno è rimasto virtuale, perchè oggi il titolo è tornato a quotare i livelli di un mese fa. Questo sul breve periodo. Sul medio-lungo la Storia si ripete. E vale per tutti i bancari. Se si fosse entrati su Intesa a marzo del 2009 il guadagno a inizio 2010 sarebbe stato di un mirabile 120%. Lo stesso titolo tenuto in tasca fino a ieri produrrebbe una perdita del 15%.

Si dirà che questa è la borsa. Che si vince o si perde. Ma con questi chiari di luna, ricavi e utili, bontà o meno dei conti, non valgono più nello scegliere un titolo. Conta il tempo. La capacità di entrare e uscire il più velocemente possibile dai titoli bancari e appena c'è un piccolo guadagno. L'alternativa è cumulare perdite su perdite. Certo dai minimi si può rimbalzare. Ma in questa fase, meglio non farci troppo affidamento.

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