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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2011 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 03 novembre 2011 alle ore 09:34.

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E pensare che qualche ora prima il presidente Napolitano aveva stigmatizzato il «sensibile scadimento del processo di formazione delle leggi». Erano appena passate le 17,30 di lunedì scorso. Poco dopo la Gazzetta Ufficiale dava alle stampe un decreto che contiene un eloquente esempio del problema a cui il capo dello Stato aveva fatto riferimento. Si tratta di un provvedimento che concede alle imprese e agli organismi che emettono le firme digitali altri due anni di tempo per autocertificarsi. L'autocertificazione – dunque, la possibilità di continuare a operare – è però subordinata a una domanda, che andava presentata entro il 1° novembre, ovvero il giorno dopo, per di più festivo. Anche a voler agire, non c'era alcuna possibilità di farlo. E così da ieri il mercato delle firme digitali – mercato in crescita, perché le sottoscrizioni elettroniche equivalgono alle firme autografe e garantiscono la provenienza e l'autenticità del documento informatico – rischia il blocco. Chi non può autocertificarsi perché non ha presentato la domanda – cioè, vista la tempistica, tutti gli operatori – ha le mani legate. Si attende un nuovo decreto che sbrogli la matassa. Sperando che questa volta si faccia mente locale al monito di Napolitano.

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