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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2011 alle ore 08:26.

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Siamo nel ciclone del mondo, ma possiamo rapidamente recuperare. All'Italia oggi serve credibilità internazionale, servono uomini che conoscano la lingua dei mercati e degli Stati e sappiano parlare ai Paesi dell'area euro ma anche alla Svizzera, al Regno Unito, all'America di Obama, ai "nuovi ricchi" della terra, a partire dalla Cina. Abbiamo bisogno di persone competenti, equilibrate, capaci di negoziare alla pari con l'Unione europea e il Fondo monetario. Abbiamo, soprattutto, bisogno di uomini che con la loro storia e il loro credito personale (per fortuna li abbiamo) siano in grado di convincere il mondo che è vero che il nostro Paese ha un grande debito, ma è altrettanto vero che è in grado di onorare tutte le scadenze e di tornare a crescere.

Possiamo discutere finché vogliamo (anzi, è bene farlo) di Fondo salva-Stati, dell'Efsf e di altro, di veicolo A o di veicolo B, ma a una sola condizione: a patto, cioè, di essere consapevoli che stiamo discutendo di ponti che ci permettono di guadagnare tempo, ma che il nostro dovere (obbligato) è quello di erigere in fretta pilastri solidi e ben saldi sulle sponde del fiume Italia. Bisogna che si capisca, senza inseguire scorciatoie fai da te, che il momento è drammatico e il fiume Italia rischia di tracimare. Oggi nel mondo molti, troppi fanno fatica a comprare la carta italiana, ma il mondo si può girare.

Dobbiamo dimostrare di agire presto con le persone giuste: di sapere adempiere gli impegni contratti con la lettera alla Ue e di volere (e sapere) fare anche di più e meglio realizzando quelle riforme che, di nostro, avremmo dovuto già attuare per stimolare la crescita e ridurre il debito. Questa (non altre) è la sfida di oggi dell'Italia. I greci hanno messo in campo uno di loro in grado di "parlare ai mercati", fanno i conti con una situazione drammatica e rischiano, comunque, di non farcela. Noi, no. Noi possiamo farcela davvero perché non siamo la Grecia come è di tutta evidenza. Dobbiamo farcela perché abbiamo come minimo 325 miliardi di titoli pubblici da collocare sul mercato, in un anno, ed è, quindi, necessario poter contare sulla fiducia degli investitori esteri. La quota storica dei nostri titoli detenuta fuori dall'Italia supera ancora il 45%, le famiglie italiane ne detengono direttamente il 14,3% (rapporto sulla stabilità finanziaria curato da Bankitalia, novembre 2011) e si stima possano arrivare al 19,5% se si conteggiano le quote di fondi comuni esteri riconducibili a risparmiatori di casa nostra. Le banche fanno fatica a rinnovare i loro acquisti che sono a valori molto rischiosi, è encomiabile lo spirito di mobilitazione del capitale privato italiano a sostegno dei nostri titoli pubblici (trasferisce un importante messaggio di fiducia) ma occorre avere consapevolezza sia delle grandezze in gioco (c'è una quota rilevante di acquisti internazionali che è insostituibile) sia del rischio da non sottovalutare che i risparmiatori italiani svuotino una parte consistente dei loro depositi bancari alimentando ulteriori, gravi preoccupazioni.

La via maestra per uscire dalla spirale perversa è una sola: bisogna che la politica tutta, a partire proprio da Berlusconi ma anche le opposizioni, si faccia un pubblico esame di coscienza e sposi con realismo e convinzione la causa italiana. Se siamo ridotti così non è solo colpa dell'ultimo governo, scontiamo due decenni di ritardi. A questo punto, purtroppo, non basta più il passo indietro del premier, è fondamentale che la formazione successiva sia guidata da persone che aiutino il mondo a percepirci come seri e credibili e abbiano alle loro spalle il sostegno determinato, magari a termine, della politica italiana in nome dell'interesse del Paese. Non possiamo più permetterci soste elettorali di qualche mese. Collocare in un anno sul mercato almeno 325 miliardi di titoli pubblici italiani (173 dei quali in scadenza nei prossimi sei mesi) è un'impresa che si può compiere solo se il titolo Italia torna ad avere la fiducia del mondo. Questa è la verità e va detta per intero se si vuole essere seri.

P.S. 1 Possiamo legittimamente non avere piacere di essere alla mercé dei mercati ma oggi dobbiamo dare a loro le risposte giuste.

P.S. 2 Berlusconi guardi pure bene in faccia «chi dei suoi lo tradisce» ma dimostri che il Pdl non è il partito «personale» di cui tutti parlano: eviti il marasma e assicuri in Parlamento i voti di quella forza moderata di cui l'Italia ha bisogno per riconquistare la fiducia del mondo. Siamo certi che il tempo lo ripagherà di questa scelta.

roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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