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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2011 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2011 alle ore 09:14.

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La Russia nella World Trade Organisation (Wto) è un'ottima notizia. La chiusura di un negoziato infinito, durato 18 anni, viene siglata in giornate assai cupe per l'economia globale. Impotenti sul fronte della crisi finanziaria e incapaci di visioni di lungo periodo, i grandi paesi al G20 di Cannes hanno addirittura messo la pietra tombale al Doha Round, la trattativa, anch'essa in corso da anni, per la liberalizzazione complessiva degli scambi commerciali.

La drammaticità della crisi e l'incapacità degli accordi multilaterali a risolverla sono una condizione perfetta per alzare barriere nazionali agli scambi. Sapere che la Russia è finalmente dei nostri, ultimo grande paese ad entrare nella Wto, è invece rassicurante, un atto di fede nel libero commercio.

I paesi occidentali e ancor più l'Italia hanno tutto da guadagnare da questo passo che fa meglio a noi che all'economia russa, distorta e poco competitiva. La posizione negoziale della Federazione era infatti fortissima. Esportatore globale di commodities, non corre certo il rischio di una chiusura dei mercati. Vende beni indispensabili, che l'Europa sarebbe disposta a comperare a qualunque prezzo e verso i quali non ha alcun interesse ad alzare barriere commerciali. Beni tra l'altro che non sono coperti dalla Wto.

In cambio il mercato della Federazione è un'immensa terra di conquista per i manufatti dell'occidente. Solo l'export dell'Italia vale 8 miliardi di euro (è cresciuto del 23% nel 2010). Per noi è il tredicesimo più importante mercato di destinazione, di poco sotto alla Cina. Manufatti che comunque la Russia potrebbe produrre internamente e dai quali potrebbe decidere di proteggersi. Non per nulla l'anno scorso Putin ha raddoppiato i dazi per le importazioni di automobili nuove, dichiarando implicitamente la sua riluttanza a firmare un accordo che serviva a poco, se non a legargli le mani nell'intervenire a piacere a distorcere e sussidiare il mercato interno.
Ora queste misure non sarebbero più possibili.

L'accordo appena firmato, anche se non abbassa di molto i dazi vigenti (di tre punti percentuali circa in media), impedisce però alla Russia di aumentarli in futuro, dunque dà agli esportatori un quadro certo di quali siano gli oneri commerciali. E allo stesso tempo impedisce al governo russo di erogare incentivi che potrebbero dare un vantaggio competitivo alle proprie aziende.

Ma l'impatto dell'accordo va ben oltre il commercio. Sta soprattutto nella forte apertura agli investimenti esteri nei servizi. Le imprese di telecomunicazioni potranno operare senza avere un socio locale di maggioranza. Le assicurazioni e le banche straniere potranno aprire delle sussidiarie e così le imprese nella grande distribuzione e nei trasporti.

Aprire il mercato agli investitori esteri è una misura insufficiente, se non è accompagnata da un rafforzamento del quadro istituzionale. E qui l'accordo della Wto porta con sé impegni importanti. Dovranno essere eliminate o riformate tutte le misure che possono ostacolare l'accesso al mercato e quindi limitare la possibilità per le imprese straniere di acquistare componenti e input esteri in genere. Le regole sugli appalti pubblici non potranno più favorire indebitamente i produttori nazionali. Verranno introdotte misure efficaci per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

Insomma, l'entrata nella Wto migliorerà quello che viene definito come "l'investment framework". Darà alla Russia un sigillo di affidabilità e le permetterà di correggere nella sostanza e nell'immagine la visone che questo sia un posto dove non convenga o meglio non sia troppo sicuro fare business. L'aumento atteso degli investimenti che ne seguirà è di fondo la principale ragione per cui alla fine la Russia ha deciso di chiudere.

Infine ci sarà un ulteriore vantaggio per l'Europa. Poter influire sulle decisioni di fissazione del prezzo interno dell'energia del grande paese. Fino ad oggi i prezzi relativamente elevati del gas venduto a noi hanno permesso alla Federazione di sussidiare i bassi prezzi interni. La formulazione dell'accordo Wto è ambigua. Dice che la produzione e la distribuzione del gas naturale della Federazione dovrà essere fatta a condizioni di mercato, ma che il governo continuerà a regolare le forniture alle famiglie sulla base di considerazioni di natura sociale. Per quanto questo sia un compromesso, comunque restringe in modo preciso il raggio dei sussidi ed è forse la migliore conclusione possibile in un negoziato in cui il coltello dalla parte del manico ce l'hanno comunque i russi.

In conclusione il mondo ha di che festeggiare con questo accordo. Soprattutto aiuta la transizione della Russia verso un ruolo di "good fellow" affidabile, un buon partner per la gestione globale dell'economia. Il principio fondamentale della Wto è la reciprocità delle regole. Principio che ora servirà a limitare la tentazione del governo della Federazione di utilizzare il suo potere di mercato in modo strategico, per scopi economici e politici che vadano anche al di là dei trattati commerciali.

barba@unimi.it

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