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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2011 alle ore 07:48.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2011 alle ore 07:25.

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In superficie, l'opposizione tedesca è granitica. «Gli eurobond - ha detto ieri il portavoce del Governo, Steffen Seibert - non sono una cura miracolosa contro la crisi». E Juergen Stark, la cui imminente uscita dal consiglio della Banca centrale europea non lo spoglia dal ruolo di interprete autentico dell'ortodossia teutonica, ha precisato che «gli eurobond, anche se sono chiamati bond per la stabilità, non risolvono la crisi del debito sovrano perché non ne affrontano le cause strutturali». Fin qui niente di nuovo, il no del cancelliere Angela Merkel e del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, agli eurobond è sempre stato inequivocabile. Adesso però c'è un distinguo. Non abbiamo ancora visto la proposta della Commissione, si giustifica Seibert. E persino Stark dichiara che «gli eurobond possono essere fattibili più avanti, ma solo dopo un trasferimento di sovranità». Non c'è da aspettarsi insomma che da Berlino le porte si aprano tutto di un colpo, ma la traduzione degli ultimi interventi e quel che si deduce dal dibattito in corso, sotto traccia, è che gli eurobond da sé non hanno una sola chance di passare il vaglio tedesco, ma che potrebbero diventare uno degli elementi di quella revisione dei Trattati su cui la signora Merkel punta molto.

Non a caso il congresso della Cdu ha parlato di 'più Europa'. Solo a precise condizioni, però, anzi per voler usare il termine corretto nel gergo del Fondo monetario, «condizionalità»: sostegno solo a fronte del rispetto di impegni precisi. Il che, nei piani del cancelliere, vuol dire aggiustamenti di bilancio severi e programmi di riforme strutturali nei Paesi in difficoltà, cosa diventata più probabile con l'arrivo dei tecnici ad Atene e Roma e con la larga maggioranza dei popolari a Madrid. Non solo, ma devono essere impegni sottoposti a stringenti verifiche europee, a sanzioni vere, appunto a una cessione di sovranità per chi non rispetta le promesse. La Germania può forse accettare con gli eurobond qualche forma di responsabilità congiunta sulle obbligazioni di altri «più avanti», ma solo se questi metteranno in atto correzioni decise e se la Germania potrà fare da arbitro. È interessante notare come alcune delle proposte più articolate per risolvere il problema del debito sovrano siano tedesche (il Fondo monetario europeo di Mayer e Gros e il fondo di riscatto del debito in eccesso del 60% da parte dei 'cinque saggi' che consigliano il Governo). E soprattutto come le possibilità di un'apertura vadano di pari passo con il riconoscimento dell'impatto della crisi sull'economia tedesca, che fino a qualche mese fa sembrava marciare a pieno ritmo e ora sta sfiorando la recessione. La Bundesbank ieri ha rivisto le previsioni di crescita per il 2012 dall'1,8% di giugno, allo 0,5-1%, contro il 3% di quest'anno, una frenata brutale. Saranno anche queste cifre a orientare la posizione tedesca.

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