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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 08:00.

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A qualcuno sembrava un sogno. Vedere la Bundesbank costretta a trattenere Bund non collocati in asta ha dato ai mercati l'impressione che tutto stesse cambiando.
È stato un attimo. I tassi bassi non rendono i Bund appetibili, e più volte la Bundesbank (come fanno altre banche centrali) ha trattenuto titoli per poi rivenderli: nel 2011, in media, il 17,83% dei decennali offerti. A colpire, mercoledì, è stata solo la quota non collocata, il 39%.

L'equivoco si spiega con il desiderio di vedere la Bce, e la Bundesbank che la ispira, meno timida sui bond. Eppure il bilancio Bce, del valore di 2.393 miliardi di euro - quasi il Pil tedesco - ormai supera i 2.880 miliardi di dollari (2.133 miliardi di euro) dell'invidiata Fed.

Le strutture dei conti non sono simili, è vero. Francoforte per esempio possiede oro per 419 miliardi di euro (e forse non è male immaginarne un altro uso), Washington otto. La Fed possiede poi Treasuries del valore pari al 17% del nominale del debito di Washington, e questo, per tanti, fa la differenza; ma anche la Bce ha "sotto controllo" una buona quota del debito pubblico europeo. Solo 194,7 miliardi di titoli sono "di proprietà", acquistati controllandone il prezzo senza creare liquidità; ma "nella pancia" di Francoforte ci sono altri titoli - non tutti sovrani - per centinaia di miliardi. Almeno 625 miliardi servono alla politica monetaria (la Fed zero: ora drena un po' di cash). Sono titoli dati in prestito dalle banche in quantità illimitata, ottenendo in cambio liquidità. Le quotazioni però non vengono toccate.

È un piccolo quantitative easing passivo, che tra l'altro libera Francoforte - attenta a questo aspetto - dalle accuse di aiutare questo o quel Paese. Quello che la Fed realizza con un'unica operazione (controllo dei prezzi e liquidità), la Bce lo fa con due attività parallele, che impediscono di apprezzarne le dimensioni. Crédit Suisse calcola però che la Bce "controlli" in vari modi 600 miliardi solo di titoli dei Paesi periferici, il 10% del debito "di mercato" di Eurolandia. Non sono numeri da banca centrale timida.

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