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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2011 alle ore 10:52.
Dicono gli esperti che il lavoro del futuro sarà un'autostrada a due innesti: laureati a (vero) alto valore aggiunto e manodopera a basso costo. È l'effetto della società della conoscenza, che taglia come una mela comparti e sistemi Paese. E separa chi è in grado di evolvere verso chi sa agganciare i settori trainanti - hi- tech nell'industria, finanza e servizi alla clientela nel terziario avanzato - e chi resta indietro, a fondo pista.
È una corsa che non vede il nostro Paese nelle posizioni di testa. Rispetto ai partner Ue abbiamo meno professioni ad elevata qualifica (il 18% del totale, contro una media Ue del 23,2%) e tra queste meno laureati. Ci lamentiamo spesso, e a ragione, della mancanza di tecnici che colmino i fabbisogni delle nostre imprese. Giusto. Ma oltre alle mani servono i cervelli. Allenati alla competizione globale delle conoscenze. In grado di esprimere nella catena del valore di un'impresa il "di più" che dà solo la competenza.
L'Italia sa cosa vuol dire. Il mondo è pieno di ingegneri, designer, architetti, medici che l'hanno resa famosa nel mondo. Oltre che famosa dall'estero, noi vorremmo che la rendessero solida e forte dall'interno. Serve investire in formazione, università, ricerca. E occorre fare presto, anche qui come sul debito. O non ci saranno tagli che bastino per restare sull'autostrada del futuro.
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