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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 29 novembre 2011 alle ore 09:00.

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Tra le urgenze che il nuovo Governo deve affrontare entro pochissimi giorni, con l'imminente decreto legislativo, vi è la ricostituzione di una Agenzia per l'internazionalizzazione delle imprese, che consenta di sanare l'incredibile anomalia di un Ice che la Legge 111 del 15 luglio 2011 ha soppresso senza prevedere ragionevoli norme transitorie (salvo la delega a un dirigente del ministero dello Sviluppo per lo svolgimento delle sole attività di ordinaria amministrazione), e soprattutto immaginando che la "ministerializzazione" dell'Istituto potesse garantire il varo di una vera (necessaria) riforma.

Peraltro lo stesso ministro Romani dichiarava dopo pochi giorni dal varo parlamentare della Legge 111 che «la soluzione attuale rischia di essere troppo ministeriale». E agli Stati generali del commercio estero del 28-29 ottobre l'allora vice-ministro allo Sviluppo Catia Polidori riconosceva che «si è creato un vuoto, senza prevedere da subito un supporto sostitutivo», auspicando la creazione di un'Agenzia snella, vigilata dal Mise e dal ministero per gli Affari Esteri. Una proposta su questa linea era stata elaborata da Confindustria e Rete Imprese Italia, d'intesa con Mae-Regioni-Unioncamere-Abi: peccato che all'ultimo minuto sia misteriosamente scomparsa dal testo del maxi-emendamento al Dl di Stabilità approvato di gran carriera il 2 novembre durante il governo Berlusconi.

Nel frattempo non erano mancati i segnali di allarme, come i gravi ritardi di progettazione di importanti iniziative promozionali a partire dal prossimo gennaio e ora perfino la richiesta di disdetta dei contratti d'affitto nelle sedi estere. Risultato: si mette a rischio proprio la funzione più preziosa per le aziende e le stesse Ambasciate (la rete estera), disperdendo il patrimonio di conoscenze e contatti rappresentato dai 520 addetti non di ruolo e di lingua locale.

Il decreto d'urgenza dovrebbe oggi, recuperando e rivedendo il disegno lasciato cadere in occasione del maxi-emendamento, prevedere tempi e modi per una fase di transizione che trasmetta alle istituzioni, ai mercati e alla stessa struttura segnali chiari, anzi che generare confusioni e sprechi (altro che risparmio di costi!). Appare incredibile agli osservatori esteri, a partire dalle rappresentanze diplomatiche e dal mondo del business, che con un tratto di penna l'Italia voglia privarsi di quella Trade promotion organization, vigilata dal governo ma con piena autonomia gestionale dalle burocrazie ministeriali, che in tutti i paesi avanzati opera - sia pure con diverse modalità organizzative - per garantire una efficiente promozione settoriale collettiva delle imprese nazionali (in particolare quelle di minore dimensione che non possono permettersi modalità autosufficienti di entrata e continua presenza sui mercati internazionali), così come l'altrettanto importante offerta di servizi di "intelligence" e di assistenza tecnica alle medesime imprese esportatrici, e crescentemente investitrici dirette, che devono misurarsi con problemi come sondaggi di mercato, ricerca di importatori e canali distributivi, selezione di partners e risorse umane locali, contenziosi doganali, controversie legali sulla contraffazione.

Il necessario ridisegno di un Ice riformato non deve solo tagliare costi di promozione e funzionamento per vincoli di manovra finanziaria, peraltro senza ignorare la sproporzione gigantesca dei nostri 37 milioni di attività promozionale previsti nel 2011 a fronte dei quasi 250 milioni in Germania e più di 100 in Francia, Regno Unito e Spagna. Deve invece essere una buona occasione per alleggerire i costi e i tempi della burocrazia (ivi incluso il cruciale sistema delle deleghe operative a dirigenti e funzionari), consentire una gestione responsabile e processi di valutazione e mobilità del personale, avviare il definitivo accorpamento delle funzioni degli addetti e assistenti commerciali di ambasciata con le medesime funzioni dei dirigenti all'estero della nuova Agenzia, organizzare il passaggio di personale e strutture delle sedi periferiche italiane agli sportelli unici di Regioni e Camere di Commercio. Va attentamente studiato l'assetto giuridico del nuovo ente, pubblico sì ma fuori dalle pericolose ingessature del parastato.

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