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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 08:02.
L'ultima modifica è del 29 novembre 2011 alle ore 09:08.
L'Egitto non ce la farà, l'Egitto è nel caos. Provare per credere: migliaia e migliaia di elettori in attesa per ore davanti ai seggi per esercitare il loro diritto di voto. Sono elezioni imperfette in un clima di tensione, di un processo lungo e complicato che durerà mesi, con un'organizzazione al limite del caotico.
Mai, tuttavia, gli egiziani sono stati così liberi di decidere. Entusiasmo è la definizione più precisa dello stato d'animo di una nazione. Gli unici a boicottare le elezioni sono i gruppuscoli di estrema sinistra che si riconoscono nel blocco Rivoluzione Continua: anche in questo infantilismo minoritario gli egiziani sono oggi più simili a noi.
La grande maggioranza dei giovani di piazza Tahrir è invece andata a votare perché, per quanto imperfetta, questa elezione per un vero cambiamento non ci sarebbe stata senza la loro protesta iniziata più di un anno addietro. Per un Egitto civile liberato dal controllo dei militari e con la partecipazione degli islamici nei meccanismi democratici, questo voto è solo il primo passo. Ma un passo convinto.
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