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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 02 dicembre 2011 alle ore 08:21.

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Con i riflettori dei mercati finanziari puntati sul discorso del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e sulle aste di titoli francesi e spagnoli, sono passate quasi inosservate ieri due pessime notizie che riguardano l'economia reale: il deterioramento delle prospettive del settore manifatturiero in tutta l'eurozona, Germania compresa, e l'aggravarsi delle condizioni di accesso al credito per le piccole e medie imprese.

Eppure, il punto di partenza del ragionamento di Draghi è stato proprio questo: lo stato dell'economia sta peggiorando e il canale del credito è bloccato. Di qui, si possono trarre conclusioni importanti su quello che la Bce farà quasi certamente giovedì prossimo: un altro taglio dei tassi d'interesse (due in poco più di un mese, da quando l'ex governatore della Banca d'Italia si è insediato a Francoforte, peraltro unanimemente sostenuti dal consiglio) e misure a favore del sistema bancario per vedere di sbloccare il canale del credito, il compito più importante per la Bce in questo momento, ha detto il suo presidente.

Né l'una né l'altra cosa sono però risolutive per la crisi dell'Eurozona, anche se aiuteranno a tenere in vita il paziente mentre si trova una cura per il collasso della fiducia. E questa cura non è mai apparsa così urgente. Si è parlato di giornate decisive, poco più di una settimana. Draghi ha spiegato quello che andrà fatto, per far capire quello che potrà fare lui, consapevole di essere alla guida dell'unica istituzione che in questo momento ha le risorse di pronto intervento. Il presidente della Bce ha usato l'espressione «fiscal compact», da lui stesso tradotta in italiano come «accordo sulle regole di bilancio»: da un lato, è la nuova governance europea alla tedesca, fatta di regole più stringenti, controlli severi, se necessario sanzioni, quella che dovrebbe uscire dal vertice del 9 dicembre; dall'altro, e di pari passo, l'impegno dei singoli Paesi, ed è ovvio che la tappa più importante è il piano per l'Italia che Monti annuncerà lunedì.

A fronte di tutto questo, la Bce è pronta a fare la sua parte: che non significa trasformarsi in prestatore di ultima istanza, o manipolare il mandato della stabilità dei prezzi o il divieto di finanziamento dei disavanzi. Staremo dentro al Trattato, dice Draghi, ma apre la porta ad acquisti di titoli ben più massicci di quelli realizzati finora. Se, e solo se, la politica, nazionale ed europea, avrà fatto i compiti, per usare un'espressione che piace al professor Monti. Perché allora l'azzardo morale si ridurrebbe. «La sequenza delle azioni conta», ha puntualizzato.

Gli interventi della Bce non sono eterni, né infiniti, ha detto Draghi, precisando la frase già utilizzata più volte «temporanei e limitati»: ma fra gli importi delle ultime settimane e l'infinito c'è un'ampia gamma di possibilità e la Bce si prepara a usarle. Anche se a Francoforte fanno una smorfia all'uso della parola "bazooka" popolarizzata dalla stampa anglosassone, sono i primi a riconoscere che non c'è un limite legale all'aumento degli acquisti. C'è un limite politico, imposto dalla Germania, e questo potrebbe essere rimosso da un accordo europeo sulle politiche fiscali e dall'azione dei Governi. Per ora, non sono acquisiti né l'uno né l'altra. La sequenza è importante: incassati entrambi, la Bce potrà scendere in campo con meno remore.

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