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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2011 alle ore 08:00.
L'ultima modifica è del 07 dicembre 2011 alle ore 08:51.

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C'era la possibilità che Vladimir Putin sapesse vedere un'opportunità nella sconfitta elettorale di domenica scorsa, e sapesse dare alla Russia una traiettoria progressista per restare in linea con i tempi nuovi a cui nessun Paese è più estraneo. Le sue prime mosse vanno esattamente nella direzione contraria.

Il voto palesemente inquinato dai brogli - come si fa a nasconderli ormai se ogni cittadino, cellulare alla mano, si può trasformare in osservatore? - ha portato nelle piazze una protesta finora confinata ai blog di internet, e ora destinata ad autoalimentarsi: il regime ha scelto di andarle incontro con i blindati e le maniere brutali degli agenti anti-sommossa.

Arresteranno centinaia di persone ogni giorno? Alla gente che invoca la fine degli abusi e della corruzione Putin risponde che «ladri e truffatori» è uno slogan a cui non bisogna fare attenzione. Poi prende le distanze dal suo stesso partito, è solo questione di tempo prima di veder cadere le prime teste. Rimpasto o purghe? «La verticale del potere - sorride un dissidente sulla piazza Triumfalnaja - è incompatibile con la Rete, espressione della comunicazione orizzontale». Forse al Cremlino non l'hanno ancora notato.

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