Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2011 alle ore 08:05.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2011 alle ore 08:25.

My24

Rigore, massima attenzione agli equilibri di bilancio, con lo sguardo rivolto all'equità. Vi sarebbe bisogno, oggi, di uomini come Beniamino Andreatta. Basta dare un'occhiata ai suoi discorsi parlamentari, presentati ieri alla Camera davanti al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Vi si coglie a pieno la tensione morale, oltre che la competenza tecnica posta al servizio delle istituzioni in anni di «difficile stagione economica e finanziaria», come ha ricordato il presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Equilibri finanziari fragili, in quegli anni, interventi di spesa spesso finanziati in deficit. Il risultato di quel decennio, gli anni Ottanta, è nel raddoppio del debito pubblico, ingombrante eredità che quella classe dirigente ha trasferito alle generazioni successive. Andreatta tentò di porvi un argine, in un'epoca in cui l'articolo 81 della Costituzione era considerato poco più che un optional. «I semi e le tracce» di Andreatta sono rintracciabili nei suoi interventi pubblici. Una vicenda umana che si intreccia con l'attività di studioso e di politico a tutto tondo.
Romano Prodi si è commosso nel rievocare la figura dell'economista trentino: «Per me è stato tutto.

Sono stato suo assistente per tantissimi anni. Ho cominciato nel 1963. Ha sempre avuto con noi un ruolo di guida intellettuale, di guida etica. Il suo rispetto per il Parlamento è stato straordinario». Già, come dimenticare quella drammatica serata del 15 dicembre 1999! Seduta notturna alla Camera, l'ennesima maratona sulla Finanziaria. Andreatta era lì, al suo banco, diligentemente, in una seduta che anche per l'ora si stava stancamente trascinando verso la notte, quando si accasciò privo di sensi. Arresto cardio-respiratorio prolungato: questa la sentenza emessa dal reparto di rianimazione dell'Ospedale San Giacomo di Roma. Una sorte crudele per l'allora settantunenne Andreatta: per un'intelligenza vivace come la sua la condanna di lunghi anni di silenzio, il cervello spento nel vuoto del coma, fino al 26 marzo 2007, quando il cuore ha cessato di battere.

«Un cervello che vedeva le cose in funzione del modo in cui le si poteva cambiare», osserva Giuliano Amato. «In quegli anni aveva incarichi speciali, dunque non avevamo limiti nella nostra azione riformatrice». E tutti riconoscono all'economista trentino quella «cocciuta capacità di guardare avanti», che gli consentì di non rassegnarsi di fronte al fallimento di un suo progetto.
E allora vale la pena di rievocare alcuni di quei "progetti" che al contrario andarono a buon fine. Come quando provò a scardinare un assoluto tabù, in quel lontano 1981. Lo fece in «splendida solitudine» in una compagine governativa in cui la cultura della stabilità finanziaria era non proprio ai primi posti. E fu una decisione storica, quella che condusse a esentare la Banca d'Italia dall'"obbligo" di acquistare i titoli del Tesoro non collocati sul mercato.

Decisione assunta di concerto con il governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, storica perché si riuscì a interrompere il circuito perverso del finanziamento monetario del disavanzo, causa primaria di quella pesante spirale inflazionistica che da anni attanagliava l'economia. Viaggiavamo a ritmi di inflazione del 20% con il deficit al 10 per cento.
Napolitano e Andreatta erano ministri ambedue del governo Prodi, nel 1996: il primo all'Interno, il secondo alla Difesa. Del suo collega di governo di allora, il presidente della Repubblica ha di recente offerto questo ritratto: «Posso dire che si trattò di un sodalizio molto bello.
Due anni e mezzo in cui fummo seduti allo stesso banco, accanto, che mi hanno dato pienamente il senso della sua straordinaria, non solo intelligenza e cultura, ma anche sensibilità e moralità».

Andrebbe riproposto integralmente oggi quel discorso che tenne in Senato l'8 ottobre 1981, quando sostenne la necessità di procedere a una «riduzione non effimera dello squilibrio tra spese e entrate del bilancio dello Stato». Rigore dunque, come base indispensabile per aprire la strada a un percorso stabile di crescita dell'economia, né più né meno come oggi. Il tutto, al di fuori di ideologismi di sorta. Lo ha sottolineato Fini: «La sua era una prospettiva intellettuale che lo portava a osservare con lungimiranza il decisivo impatto sociale e politico della crescente interdipendenza dell'economia italiana con il contesto europeo e mondiale».

Erano gli anni in cui presiedeva la commissione Bilancio del Senato. Al cronista che lo andava a trovare, magari per strappargli un'intervista, Andreatta offriva quel suo fare apparentemente brusco, in realtà sintomo di timidezza e di grande umanità, la pipa in bocca e le gambe distese sul tavolo. Esponeva, persino sussurrava i concetti in modo solo apparentemente brusco, per poi congedare il suo ospite, una volta scoperta la comune passione per la pipa, con un invito a provare un «tabacco speciale» che aveva appena acquistato.

Shopping24

Dai nostri archivi