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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2011 alle ore 10:09.
Da quando la Bce ha annunciato che offrirà liquidità alle banche su un orizzonte di tre anni, si va diffondendo un'idea sbagliata e pericolosa. È l'idea che forse si è trovato un modo per uscire dalla crisi dell'area euro: le banche acquisterebbero il debito pubblico dei Paesi del Sud Europa, finanziandosi a basso costo presso la Bce. In questo modo, le banche tornerebbero a fare profitti, lucrando sulla differenza tra i tassi d'interesse; la domanda di debito pubblico tornerebbe a salire, ridando fiato ai governi; e il conseguente guadagno di capitale sul debito detenuto in portafoglio dalle banche risolverebbe definitivamente la situazione.
Purtroppo non è così semplice. Nel corso del 2009, quando la Bce iniziò a offrire liquidità su un orizzonte di 12 mesi, molte banche effettivamente ne approfittarono per riempire i bilanci di titoli di Stato. Ma allora il debito pubblico di quasi tutti i Paesi dell'euro sembrava ancora privo di rischi.
Oggi non è più così, e le banche sicuramente rimpiangono amaramente quelle decisioni. Le banche del Nord Europa, pur essendo piene di liquidità, stanno cercando di sbarazzarsi del debito dei Paesi periferici dell'euro, e si guarderanno bene dal ricomprarlo. Perché mai le banche del Sud Europa dovrebbero scegliere spontaneamente di comportarsi diversamente? Tra sei mesi l'Autorità bancaria europea condurrà un altro stress test sui bilanci delle banche, e come è già successo, il debito pubblico sarà valutato ai prezzi di mercato. A quel punto, se la crisi non sarà rientrata, le banche che hanno acquistato debito a rischio potrebbero doversi ricapitalizzare di nuovo. Chi mai vorrà esporsi a questa incognita se non vi è costretto?
Inoltre, le banche del Sud Europa già stentano a finanziarsi sul mercato, e dovranno usare la liquidità offerta dalla Bce per evitare di strozzare il credito al settore privato. Come ha dichiarato l'amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni, oggi la priorità per le banche italiane è finanziare l'economia reale, non lo Stato. Vi è una risposta possibile a questa obiezione: le autorità monetarie e i governi del Sud Europa dovrebbero esercitare pressioni sulle banche dei loro Paesi, per vincere la loro riluttanza e indurle a comportarsi in modo "patriottico". Un acquisto coordinato di debito pubblico da parte delle banche colmerebbe il vuoto aperto dalla sparizione degli acquirenti esteri e farebbe guadagnare tempo, consentendo agli Stati di riacquistare la credibilità perduta.
Questo ragionamento rivela perché l'idea, oltre a essere sbagliata, è anche pericolosa, soprattutto per l'Italia. Tanto per cominciare, le dimensioni del debito in scadenza sono troppo grandi: solo nel 2012 lo Stato italiano dovrà collocare oltre 400 miliardi di debito, circa il 50% in più di tutto il debito già detenuto dalle banche italiane. Ma soprattutto, spingere le banche italiane a comportarsi da acquirente di ultima istanza, al posto di una banca centrale che abdica a questo ruolo, rischia di essere controproducente. Oggi circa il 40% del debito pubblico italiano è detenuto all'estero, in prevalenza dalle banche tedesche e francesi. È bene che resti così, perché questa "spada di Damocle" che pende su Germania e Francia è l'unica nostra arma contrattuale. I negoziati su come ridisegnare le istituzioni europee sono tutt'altro che finiti, e l'autorevolezza personale del presidente del Consiglio potrebbe non bastare a difendere gli interessi nazionali. Inoltre, anche l'atteggiamento della Bce nei confronti dell'Italia non può non dipendere dalle conseguenze che un eventuale aggravarsi della crisi italiana avrebbe sulle banche d'oltralpe.
Infine, il debito pubblico italiano detenuto all'estero è anche un'assicurazione se la crisi dovesse aggravarsi. Non dipende solo dalle azioni di questo Governo se riusciremo a riacquistare la fiducia dei mercati. L'eventuale uscita della Grecia dall'euro, o l'aggravarsi della recessione, potrebbero rendere tutto molto più difficile, indipendentemente dai nostri sforzi. Come già stiamo constatando, tanto più è grande la quota di debito pubblico detenuto dalle banche italiane, tanto più l'Italia è isolata nel circuito del credito. Più in generale, l'avere spinto le nostre banche a rimpatriare il debito potrebbe favorire i creditori stranieri, a scapito dei contribuenti italiani. Nei prossimi mesi vi sarà l'esigenza di guadagnare tempo, nell'attesa che le cose migliorino. La tentazione di spingere le nostre banche a comportarsi da acquirente di ultima istanza, sostituendosi alla banca centrale, potrebbe essere molto forte. Ma cedere a questa tentazione potrebbe rivelarsi un errore fatale per il Paese.
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