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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2011 alle ore 07:58.
L'ultima modifica è del 23 dicembre 2011 alle ore 07:21.

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Ora che questa manovra è legge gli va innanzitutto riconosciuto il merito di aver completato in modo definitivo il percorso ventennale della riforma delle pensioni. È un risultato che nessuno può sottovalutare.

Dopo anni di mortificanti discussioni sull'innalzamento di uno-due-tre mesi dell'età del ritiro, sono state di fatto abolite le uscite anticipate ed è stato sancito il principio che chiunque, senza distinzioni di generazione o di genere, percepirà in assegni pensionistici quanto ha effettivamente versato. Una piccola grande rivoluzione. Merito al ministro Fornero. In Europa nessuno ha fatto tanto. Evviva.

Per il resto è una manovra d'emergenza e come tale va interpretata. Si era detto rigore, crescita ed equità. È soprattutto rigore. La correzione, nell'ordine dei 20 miliardi, si fonda finalmente su misure strutturali, dopo mesi di manovre scritte sull'acqua. Quanto all'equità poi uno sforzo è stato fatto: tra le generazioni, con l'intervento sulle pensioni, e tra i redditi, con il prelievo progressivo sugli immobili e con la supertassa sui beni di lusso. Il grande assente, si sa, è la crescita, ma anche qui qualche segnale si è provato a darlo, con la riduzione delle imposte e dei contributi sul lavoro.

È stato fatto un lavoro serio. Necessario. Sicuramente utile a evitare nell'immediato un disastro stile Grecia. Il Parlamento lo ha supportato con tutta l'insofferenza possibile, ma anche con una buona dose di responsabilità (non tutto il Parlamento, ma va bene così). Ora però bisogna guardare subito avanti. Quel 'necessario' infatti è tutt'altro che sufficiente. E sarà presto inutile se non sarà accompagnato da nuove e altrettanto straordinarie misure.

Che servano subito provvedimenti per la crescita è diventata una litania che anche lo zio di Bonanni (scusate il tormentone) probabilmente ripete in casa e al bar tra gli amici. È anche una verità, però. In tutto l'ultimo anno del governo Berlusconi-Tremonti questo giornale lo ha evidenziato, non smetterà certamente di farlo oggi. Il ministro Passera, per ora, si è tenuto defilato. È tempo che prenda posto al centro dell'attacco, perché è a lui, prima che a ogni altro ministro, che questo governo si è affidato per un'azione creativa, efficace e coraggiosa sul fronte dello sviluppo.

È chiaro, tuttavia, che la crescita non si fa senza risorse. Ecco allora, al di là delle astratte invocazioni a una non meglio identificata fase due, che bisogna seriamente ‐ ma in tempi stretti ‐ individuare i possibili tagli alla spesa pubblica improduttiva che vanno effettuati. La manovra appena approvata è composta in gran parte di nuove entrate e non di tagli. In breve tempo non si poteva probabilmente fare di più. Ma ora non è più tempo di rinvii. La Spagna ha annunciato un piano di tagli alla spesa per oltre 16,5 miliardi ed è stata prontamente premiata dai mercati. L'Italia può e deve fare di più.

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