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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2011 alle ore 07:49.
L'ultima modifica è del 23 dicembre 2011 alle ore 06:39.

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«Questa truffa non deve passare, deve intervenire la Procura di Milano», invocava ieri un piccolo obbligazionista del prestito convertendo 2009/2013 di Bpm nel corso dell'assemblea per la ristrutturazione del bond. E non era l'unico. A protestare erano circa un centinaio: si sono sentiti truffati per aver investito su un titolo che ora varrà solo il 30% del loro capitale.

In sè la decisione di abbassare il prezzo della conversione da 6 a 2,71 euro sarebbe favorevole agli obbligazionisti, se la banca non avesse deciso di convertire in anticipo (il 29 dicembre prossimo) il prestito con Bpm che in Borsa vale 0,31 euro. La perdita è presto calcolata: gli obbligazionisti avranno azioni pagate 2,71 euro che sul mercato potranno rivendere a 0,31. È vero: hanno incassato il 6,75% d'interessi in questi due anni e mezzo, ma ciò non mitiga la perdita. A conti fatti chi ha investito mille euro nel 2009 si ritrova circa 300 euro in tasca. Eppure l'assemblea dei bondholder ieri ha approvato la ristrutturazione che dà il via libera alla conversione grazie al sì degli investitori istituzionali. Gli investitori, certo, debbono capire bene gli investimenti che si sottoscrivono e i loro rischi. Ma una banca non può svicolare dagli impegni della trasparenza.

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