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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2011 alle ore 07:56.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2014 alle ore 21:30.

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Per uscire dalla spirale italiana c'è una sola via obbligata: riconquistare la fiducia del mondo. Il Sole 24 Ore batte su questo punto da tempi non sospetti e ha il dovere di segnalare che il percorso da compiere è impegnativo, non ha alternative. Non c'è tempo, ha detto ieri il presidente del Consiglio Mario Monti: da quello che riesce a fare o non fare l'Italia dipende il futuro dell'euro e, di conseguenza, dell'economia globale, dobbiamo togliere i pregiudizi sbagliati che l'Europa e il mondo hanno su di noi.

La differenza più rilevante che c'è tra oggi e poco più di un mese e mezzo fa, quando «il Paese si trovava sull'orlo di un burrone senza parapetto», è che qualcuno ha ricominciato a comprare il titolo Italia. Qualcosa, soprattutto nel breve e medio termine, si vende a tassi nettamente migliori per il nostro bilancio pubblico. Un lavoro ancora complesso ci attende sulle emissioni a lunga scadenza e uno spread BTp-Bund sopra i 500 punti ne è la conferma tangibile. Si va nella direzione giusta, ma bisogna essere consapevoli che dobbiamo collocare dimensioni ampie di debito e non lo possiamo fare a costi che restano così alti. Occorre che gli uomini migliori del Tesoro e di via Nazionale tornino a vendere il titolo Italia e spieghino alla comunità degli investitori che quella appena realizzata è la più grande manovra di aggiustamento strutturale mai fatta in un Paese come l'Italia in un tempo così breve, che non ce ne saranno altre, e che si è avviato un processo di consolidamento dal lato della crescita (una prima riduzione dei prelievi fiscali e contributivi su lavoro e imprese, ripresa degli investimenti e lotta all'evasione fiscale).

È cruciale che gli impegni assunti (liberalizzazioni, mercato del lavoro, infrastrutture) siano ora attuati nei tempi concordati con le istituzioni europee. Di certo, però, noi abbiamo già fatto un bel po', la Spagna molto meno, questa è la verità, e va detta e spiegata. Perché dobbiamo convincere i grandi fondi e le banche statunitensi, ma anche i Paesi con la bilancia dei pagamenti in surplus e le stesse banche tedesche (perché no?) che è conveniente investire stabilmente sui titoli pubblici messi in asta dall'Italia.

Il cammino per noi è in salita, ora possiamo farcela e, come già detto, non abbiamo alternative: l'impatto recessivo della manovra di Monti, al netto degli effetti delle spinte restrittive globali, è valutato dalla Banca d'Italia in uno 0,5% in due anni e si può recuperare abbassando di due punti il costo del denaro alle imprese. Questo dipende dalla discesa dei tassi sui titoli del Tesoro perché c'è una connessione diretta (ineliminabile) tra rischio sovrano e rischio bancario. Si ritorna sempre lì, la fiducia del mondo. Se i partiti politici che sostengono questo governo, e non solo, se tutte le forze produttive e sociali di questo Paese, con gli inevitabili distinguo, sensibilità e intelligenze, dimostreranno nei comportamenti la consapevolezza della gravità della crisi, il cammino in salita potrà essere percorso e il risparmio e il lavoro degli italiani torneranno a essere messi in sicurezza. Altrimenti, ripiomberemo nel ciclone del mondo e pagheremo con gli interessi il conto già elevato di decenni di ritardi.

Un governo italiano che recuperi credibilità e faccia ritornare la fiducia è la condizione indispensabile perché possa pesare in Europa e scambiare disciplina fiscale con più mercato, più crescita e - soprattutto - più risorse al fondo salva-Stati (Efsf) persuadendo e superando l'ostinazione tedesca. Questa è la sfida capitale di Monti, ma per vincerla si deve percepire che dietro c'è un Paese che sta cambiando e vuole cambiare. Il presidente del Consiglio dimostri di saper prendere le decisioni, "l'atto voluto" che lui stesso ha annunciato sarà il metro con cui gli italiani e il mondo lo valuteranno.

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