Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 09:02.

My24

«Sink it». La esse sibila fra le labbra appena dischiuse, il capo, di profilo, resta immobile, gli occhi si stringono, quasi volessero incoraggiare quell'ordine accompagnando i siluri. Nel pronunciare il comando - «Affondatelo» - rivolto al Gabinetto di guerra e diretto a spazzare via l'incrociatore argentino General Belgrano, Meryl Streep (nella foto) completa la mutazione in Margaret Thatcher.

La somiglianza, scandita dall'eccezionale abilità dell'attrice, diviene, nel passaggio chiave della guerra delle Falklands, identificazione totale.

Nel film tanta intensità sarà eguagliata, e forse superata, solo dalla scena dell'attacco portato anni dopo dalla signora contro chi cospirava ai suoi danni. Veemente crepuscolo di una stagione politica senza uguali.
Il film è The Iron Lady, biografia della Signora di Ferro, diretto da Phyllida Lloyd e largamente sorretto dalle forti spalle di Meryl Streep. Uscirà a Londra il 6 gennaio, in Italia a fine mese. Ieri lo abbiamo visto in anteprima assoluta, nel mezzo di una congiuntura che ci ripropone, trent'anni dopo, i corsi storici di allora. Margaret Thatcher arrivò al potere nel mezzo di una crisi economica che aveva ridotto Londra in ginocchio. Gli scioperi costringevano i ministri del governo al lavoro sincopato da black out elettrici, le strade erano coperte di immondizia che non veniva raccolta, le miniere resistevano alla figlia di un droghiere di Grantham decisa a chiuderle per manifesta incongruenza economica.

Da non molto, Londra, aveva subito l'umiliazione degli aiuti del Fondo monetario e sbandava fra disoccupazione record, rinnovata offensiva del terrorismo nordirlandese, stoica resistenza di Unions impermeabili al cambiamento. La crisi di oggi non ha, forse con l'eccezione greca, l'intensità sociale di allora. Eppure il film ferma, come di raro ci è accaduto di vedere, la straordinaria discontinuità che Margaret Thatcher realizzò in Gran Bretagna. Ruppe le logiche consociative, spazzò gli automatismi dell'abitudine, costrinse a pensare con categorie sconosciute. Phyllida Lloyd indugia sul genere più che sull'ideologia.

Fu una donna, cioè, più che una politica neo-con (neo rispetto al conservatorismo di allora) a determinare quel cambiamento, nell'interpretazione che la regista vuole dare della sua opera. Tanto che quell'urlo della signora premier ai membri del Gabinetto di governo - «Non mi parlate di battaglie è tutta la vita che combatto» - pare l'assolo di una signora contro consorterie in pantaloni. È possibile, ma non ci era parso il tratto più evidente dell'avventura di Margaret Thatcher. Tanta insistenza sull'incontestabile machismo della politica britannica aiuta, comunque, a distaccarsi da ogni valutazione di parte. The Iron Lady si vanta di non essere film politico e, in effetti, l'incongruente operazione di raccontare il più potente protagonista della politica britannica, da Churchill in poi, senza esprimere un voto ideologico, è riuscita molto bene. La pellicola non sposa le tesi della Signora di Ferro, la racconta attraverso artifici abilmente congegnati.

Emancipazione della donna, educazione famigliare, vita di coppia, senilità. È dalla vecchiaia che comincia tutto e qui la rappresentazione è cronaca stringente. Margaret Thatcher, dal 2003 quando morì l'amato marito Denis, è affetta da crescenti amnesie, forme di demenza non troppo diverse da quelle che portarono alla morte il suo più grande alleato, Ronald Reagan. La pellicola muove da questa condizione dell'ex premier per raccontare in flashback punteggiati dai dialoghi con Denis, morto per tutti eccetto che per lei, l'epica di una vita. Un Re Lear con borsetta è stato detto ed è stato scritto. La dimensione è shakespeariana. Lo è perché «talvolta è sconcertante rendersi conto di quanto grande possa essere una vita», come ha commentato Meryl Streep nel chiosare l'esistenza di Margaret Thatcher.

Lo è per l'universalità di dinamiche che, mutate appena appena, si ripropongono nei decenni. Oggi in Europa come allora in Gran Bretagna, infatti, si assiste alla difficoltà della politica nel gestire la crisi dell'economia. Oggi in Europa, a differenza di allora in Gran Bretagna, non si vede emergere un leader controverso, ma capace di interrompere il corso della tradizione inaugurando, nel rigido rispetto della liturgia democratica, una stagione nuova abbastanza da ridare all'individuo fiducia nel cambiamento. Questo è stata la lezione di Margaret Thatcher e i tanti errori da lei stessa compiuti non la potranno cancellare mai.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi