Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 14:50.

My24

Ricerca universitaria, ovvero l'arte italiana di doversi arrangiare

Abbiamo letto con interesse il dibattito sui fondi alla ricerca universitaria avviato in questi giorni sulle pagine del Sole 24 Ore. Nel 1998 Andrew Fire e Craig Mello insieme ad altri 4 collaboratori pubblicarono un articolo su Science in cui dimostravano l'esistenza dell'RNA interference, una scoperta che ha rivoluzionato la biologia e che nel 2006 portò il premio Nobel ai 2 ricercatori. Oggi una simile ricerca di base, svolta da 2 gruppi di 6 persone totali, in Italia non sarebbe nemmeno ammessa alla selezione per i finanziamenti dei "progetti di ricerca di interesse nazionale" (Prin). Infatti, nei recenti bandi è stato inserito un vincolo che pone seri limiti alla partecipazione: ogni progetto deve essere svolto come minimo da 5 gruppi di ricerca! Sebbene negli ultimi anni le dimensioni medie dei gruppi di ricerca siano cresciute, è chiaro che queste non sono per forza un indicatore di qualità. Se il vincolo non sarà eliminato, si premieranno solo gruppi ampi e accademicamente potenti, tagliando tutto il resto, tra cui anche ricerche innovative, per definizione sviluppate da pochi. C'è poi un problema di natura organizzativa e culturale. Chi non ha già in caldo i 5 gruppi, in meno di due mesi dovrà racimolare il personale mancante e preparare un progetto coerente e competitivo, oppure offrirsi alla cordata di turno magari mistificando le proprie competenze. È questo un modo sano di fare ricerca? È giusto costringere dei professionisti ad arrangiarsi, a fare salti mortali per escogitare progetti e collaborazioni dell'ultima ora? La ricerca è un'attività seria che necessita di idee, finanziamenti congrui, programmazione e non di improvvisazione. Ma nel paese di Pulcinella, i nostri governanti lo sanno?

Margherita Hack Astrofisica
Professore emerito, Università di Trieste

Francesca Matteucci
Ordinario di Astrofisica Accademico dei Lincei, Università di Trieste
Patrizio Dimitri
Associato di Genetica Università La Sapienza di Roma

Krugman e i salassi
Quello che ieri ha denunciato sul Sole 24 Ore Paul Krugman sconcerta. Primo: l'austerità sui conti pubblici (vedi l'Europa) funziona come un salasso del Medioevo. Secondo: il Giappone è considerato un rifugio sicuro (per lo yen) nonostante il suo elevatissimo debito pubblico. Insomma, pare che i neoclassici e i keynesiani del ventunesimo secolo, in pieno disastro mondiale, non abbiano di meglio da fare che stare lì a gingillarsi con le loro insulse dispute. I sistemi capitalistici non sono tutti uguali, ci ricorda Kenneth Rogoff. Ma ciò non spiega come mai tutte le loro storiche contraddizioni siano state, e sono , sempre gravi e paradossali. Non è che le menti ottenebrate dall' individualismo non ci consentano di percepire la più banale evidenza? Chi ci assicura che la madre di tutti i guai dell'economia mondiale non stia, invece, più banalmente, nella taumaturgica intoccabilità dei magnati della finanza e dei loro irragionevoli poteri?

Fernando Santantonio

A proposito di teorie economiche
E ora d'improvviso tocchiamo con mano una realtà, ossia che anche le più grandi teorie perdono smalto e diventano vecchiume. Il socialismo con la teoria keynesiana del "deficit spending" ha fallito distruggendo i bilanci degli Stati. Il liberismo ha dimostrato che la provvida "mano invisibile" può usarla per nascondere le proprie vergogne di rapine e speculazioni planetarie. Quando riusciremo ad avere una nuova teoria economica che porti a benessere e non al disastro?

Giulio Rossi Valdisole - Milano

Le tre piaghe dell'Italia
Tutto l' apprezzamento per l'operazione Cortina. Voglio sperare che non sia un'azione isolata, ma l'inizio di un contrasto rigoroso, intelligente e costante all'evasione fiscale. Il filosofo Rosmini, pur se cattolico, aveva individuato nella Chiesa ben sette piaghe. Noi, più benevoli con l'Italia, ne segnaliamo solo tre, anzi le ricordiamo, perché nei centocinquant'anni unitari non sono state adeguatamente combattute. La mafia, la corruzione, l'evasione fiscale. È troppo sperare che un governo di tecnici, di professori competenti e onesti, non impastoiati con la politica del malaffare e delle clientele, che si giocano in questa esperienza unica tutta la loro reputazione, possa portare un duro colpo a questo triplice cancro, ristabilendo equità e legge, facendo ripartire l'Italia, e restituendo speranza nel futuro a tutti, in particolare ai giovani, oggi depressi e demotivati?

Ezio Pelino

Shopping24

Dai nostri archivi