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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 10 gennaio 2012 alle ore 08:35.

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Integrazione oppure opportunismo? La Svizzera deve scegliere se vuole basare il suo futuro di centro finanziario internazionale su una strategia basata sull'efficienza e la trasparenza, ovvero decidere di cavalcare la tradizionale politica dell'opportunismo finanziario, che sfrutta opacità ed arbitraggi regolamentari. È una domanda che l'Unione europea per prima deve porre alla nazione extracomunitaria, chiedendo una risposta chiara e convinta. Altrimenti, si alimenta anche la sgradevole sensazione che alcuni Paesi europei – Regno Unito e Germania in testa – siano europeisti solo quando gli conviene in una ottica nazionale e di breve periodo.

La Svizzera torna agli onori della cronaca internazionale per una vicenda assai spiacevole, che è partita da comportamenti sospetti del governatore della Banca centrale in tema di utilizzo di informazioniriservate a beneficio personale, e sembra - almeno a oggi - gettare ombre più in generale sul disegno della governance delle autorità monetarie.

Perché l'ipotesi di un deficit di trasparenza e di correttezza delle istituzioni monetarie svizzere sta avendo tanta eco nei mercati e nell'opinione pubblica internazionale? La risposta è che il combinato disposto di una crisi finanziaria prima con poi crisi economica ha di molto abbassato la soglia di sopportazione internazionale rispetto ai Paesi - la Svizzera, ma non solo - che utilizzano l'opportunismo finanziario.

L'opportunismo finanziario è quella strategia che determinati Paesi hanno disegnato combinando al meglio - dal loro punto di vista - la crescente globalizzazione dei mercati finanziari con la perdurante segmentazione delle regole finanziarie, fiscali e societarie. La Svizzera ne rappresenta ancora oggi il caso più noto ed emblematico.

La ricetta è semplice. Si prenda un Paese caratterizzato da istituzioni che garantiscono efficacemente la tutela dei diritti fondamentali per lo sviluppo di una economia moderna: i diritti della persona e quelli della proprietà. Questo Paese avrà una dotazione di capitale regolamentare e civile sufficiente per consentire ai propri cittadini di sviluppare le proprie attività, reali e finanziarie. Ma attenzione: se questo Paese si inserisce negli scambi internazionali di capitali creando forme di asimmetria informativa regolamentare, il suo sviluppo potrà essere ancora maggiore, attraverso l'attrazione di risorse dall'estero.

In altri termini, la Svizzera è divenuta l'emblema di un disegno delle regole che, sfruttando l'eterogeneità regolamentare, massimizza l'attrazione per i flussi finanziari. Nei mercati globali la ricerca del rendimento netto atteso può guardare all'efficienza, ma anche all'opacità. Per i capitali finanziari l'opacità può essere un asset interessante, in quanto riduce i rischi di esproprio, sia illegittimi - si pensi a capitali che fuggono da sistemi autoritari - che legittimi - come nel caso di capitali criminali o evasi. Nel tempo, la Svizzera ha affinato il disegno dell'opportunismo finanziario, offrendo in modo credibile un mix di efficienza e di opacità.

Nei decenni l'opportunismo finanziario è stato più o meno tollerato dalla comunità internazionale. L'oscillazione dell'atteggiamento dei governi è dipeso - con tempi e modalità variabile da Paese a Paese - da un lato da quanto alto fosse il costo percepito dell'emorragia di capitali verso le i paradisi dell'opportunismo finanziario e fiscale - e dall'altro da quali settori o categorie di cittadini ne traevano vantaggio.

Oggi il grado di tolleranza si è di molto abbassato. Da un lato, la crisi finanziaria del 2007-2009 ha mostrato con crudezza quali sono i danni che la finanza opaca può causare alla crescita economica ed alla stabilità. Dall'altro l'innesto della crisi economica, con la conseguente scarsità delle risorse - soprattutto nelle economie avanzate - ha costretto i governi nazionali ad avere atteggiamenti meno accondiscendenti rispetto all'opportunismo finanziario. Il costo percepito di quest'ultimo è divenuto più alto che in passato.

Nessuna meraviglia perciò che le manifestazioni di opportunismo finanziario della Svizzera - a partire dal tema generale del segreto bancario - provochino reazioni negative sul piano internazionale. Da qui nascono due interrogativi fondamentali: uno per la nazione elvetica, l'altro per la comunità internazionale, in particolare per l'Unione Europea. La Svizzera deve chiedersi quale atteggiamento assumere nei confronti di partner finanziari che chiedono una maggiore integrazione non solo nei flussi finanziari, ma anche in quelli informativi. In che misura vogliono sviluppare la reputazione delle proprie banche e della propria piazza finanziaria continuando a contare sull'asset opacità?

Dal canto suo l'Unione Europea deve decidersi di dare alla politica contraria all'opportunismo finanziaria un assetto stabile e condiviso. È possibile che il grado di (in)tolleranza all'opportunismo finanziario diventi un connotato costante della politica dell'Unione, e non ondivago? È possibile che tutti i Paesi dell'Unione si riconoscano in tale connotato, ed evitino di comportarsi come Regno Unito e Germania, che hanno disegnato accordi bilaterali con la Svizzera?

È chiaro che le risposte di Svizzera e Unione sono tra loro intrecciate. Ma se è vero che il tango si balla in due, se nessuno apre e conduce le danze, il ballo rischia di finir male per tutti.

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