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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 10 gennaio 2012 alle ore 08:40.
È da un po' di tempo che Paul Krugman, Nobel per l'economia, appena ne ha l'occasione, critica una economista italiana per le sue teorie su come gli Stati indebitati possano uscire dalla crisi. Silvia Ardagna, ex Harvard, ha scritto con Alberto Alesina un saggio che prima il Governo irlandese, e poi quello inglese di David Cameron, stanno utilizzando come canovaccio per la loro azione economica (il titolo è Large changes in fiscal policy: taxes versus spending).
Krugman, keynesiano doc, auspica che i Governi premano sull'acceleratore della spesa pubblica. Ardagna è sul fronte opposto: «Bisogna tagliare la spesa pubblica - sottolinea l'economista bolognese -, in particolare quella corrente per salari ed impiego pubblico, sussidi alle imprese e trasferimenti alle famiglie, perché, come dimostra l'esperienza storica, correzioni di bilancio realizzate per la maggior parte attraverso tagli di spesa hanno maggiore probabilità di successo, riuscendo ad innescare una riduzione del debito pubblico e a generare effetti virtuosi sulla crescita». E aggiunge: «È anche l'unico modo per riottenere la fiducia dei mercati finanziari che è decisamente un fattore critico in questo momento».
Ecco dunque le due posizioni. Le dure critiche di Krugman (vedi l'ultimo intervento pubblicato sul Sole24Ore del 6 gennaio e quello precedente del 10 dicembre) hanno dato risalto alle opinioni dell'economista italiana anche sui giornali anglosassoni. «A Krugman ho inviato i dati delle nostre indagini. È un tema su cui lavoro da almeno 15 anni - evidenzia Ardagna -.
Il paper è frutto di osservazioni su casi come quello della Svezia e del Canada negli anni '90 e dell'Irlanda alla fine degli anni '80». La Gran Bretagna sta utilizzando il saggio per uscire dalla crisi ma l'economista italiana non vuole creare un caso. «Vorrei evitare l'enfasi sul mio lavoro e sulle strategie del Governo inglese - spiega Ardagna -. È chiaro però che non c'è una ricetta unica per tutti i Paesi».
Rientro dal debito pubblico e austerità. Mario Draghi, presidente della Bce, ha spiegato di recente agli europarlamentari che gli Stati devono risanare i bilanci per rassicurare famiglie e imprese oltre che ridurre il servizio del debito e rilanciare l'economia. Una posizione più vicina a quella di Ardagna che a Krugman: «I tagli di spesa corrente riescono ad innescare effetti positivi soprattutto attraverso gli effetti che hanno sul lato dell'offerta aggregata, in quanto generano una moderazione salariale anche nel settore privato, favorendo competitività, profittabilità delle imprese e investimenti privati», sottolinea l'economista italiana. «Si osserva poi una riduzione del premio a rischio sui titoli di Stato nei casi di stabilizzazioni basate soprattutto sui tagli di spesa.
Probabilimente i mercati finanziari attribuiscono ai tagli della spesa corrente una maggiore importanza ritenendo che tali misure abbiano effetti strutturali e benefici di lungo periodo sul bilancio dello Stato e dell'economia. La riduzione del tassi di interesse sui titoli del debito pubblico si traduce anche in più bassi tassi sul credito ai privati. Ciò, ancora una volta, favorisce gli investimenti privati. Sono infatti gli investimenti e le esportazioni, più che il consumo privato, le componenti della domanda aggregata che reagiscono positivamente negli episodi in cui i Governi sono riusciti a riportare il debito pubblico su un sentiero di sostenibilità».
Ardagna infine non si sottrae a un giudizio sull' Italia. «Gli aumenti delle tasse nella manovra Monti sono stati notevoli. Gli interventi sulle pensioni, in particolare, sono molto importanti e positivi. Pochi invece i tagli ad altre voci di spesa pubblica corrente. Allo stesso tempo, però, Monti ha bisogno anche di tempo per negoziare: non oso immaginare la difficoltà del dover varare una manovra in tempi molto brevi che potesse passare in Parlamento tenendo conto dei vincoli imposti da Bruxelles e dell'umore degli operatori finanziari. Non capisco infine l'attacco frontale dei sindacati. Facile criticare: no alle tasse e no ai tagli alla spesa. E allora da dove si comincia per far uscire l'Italia dalla crisi?».
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