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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 07:49.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2012 alle ore 08:13.

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Anche con il nostro Titanic, tragedia assurda senza mare in tempesta, a pochi metri dalla terraferma e quindi dalla salvezza, siamo sotto la lente del mondo. Una lente deformata, impietosa e malevola fin che si vuole, ma con la quale l'Italia, intesa come sistema Paese, deve confrontarsi.

Perché un incidente così, oltre al tributo di vittime e all'elevato rischio di una catastrofe ecologica, porta con sé un danno reputazionale enorme. Il turismo rappresenta l'11% del nostro Pil e, se ben gestito, potrebbe valere almeno il doppio nel giro di pochi anni, visto che continuiamo ad essere una delle mete più visitate al mondo dai grandi flussi internazionali del popolo delle vacanze.
Il naufragio della Costa Concordia ci ricorda una volta di più che il patrimonio italiano non è fatto solo di reperti archeologici, città e opere d'arte, ma di ambiente, natura: la sua tutela e valorizzazione non è meno importante di quella di quadri, monumenti e siti archeologici. Le foto e le immagini del gigante reclinato sui fondali bassi del Giglio, come una balena spiaggiata, raccontano la tragedia dei morti, l'angoscia per i dispersi e il timore di una fuoriuscita del carburante, 2500 tonnellate che il corpo in agonia potrebbe "vomitare" da un momento all'altro.

Non diamo però solo la colpa al Lord Jim di turno, il comandante che con la manovra scellerata del saluto - di prassi piuttosto comune, pare, tra le grandi crociere - e l'abbandono prematuro della nave, si è attirato il disprezzo del mondo. Un altro elemento emerso con prepotenza dalla tragedia è la difficoltà nel fare evacuare una cittadella multipiani di oltre 4mila abitanti nei tempi e mei modi che consentano la messa in sicurezza di tutte le persone a bordo.
Ci sono aspetti e procedure da chiarire che riguardano questa grande industria del turismo, cresciuta vertiginosamente, dai 5 milioni di passeggeri del 1990 ai quasi venti milioni del 2010. Un'industria che secondo gli esperti, per combattere la crisi, avrebbe praticato una forte politica di ribasso dei prezzi. Finché tutto va bene si chiama marketing, ma quando l'infinitesima probabilità di una sciagura si materializza a qualche metro dall'isola del Giglio, gli interrogativi sulla sostenibilità di certi numeri (affollamento delle navi) e di certe prassi (avvicinamento eccessivo alla costa, come nel caso di Venezia e altri) si moltiplicano e sono più che legittime.

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TAG: Pil, Italia

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