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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2012 alle ore 07:29.
L'ultima modifica è del 03 febbraio 2012 alle ore 06:40.

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La responsabilità civile dei magistrati è uno dei temi su cui negli ultimi trent'anni si sono consumati gli scontri più duri tra le forze politiche e tra i poteri dello Stato. Nel 1987 i cittadini chiamati a referendum popolare sull'onda del caso Tortora avevano introdotto il principio della responsabilità civile dei magistrati per dolo e colpa grave.

Da allora, ai colpi di fioretto delle interpretazioni giuridiche spesso si sono sostituiti i colpi di clava delle polemiche politiche. Ieri, al Senato, con l'approvazione a scrutinio segreto dell'emendamento del leghista Pini che introduce la responsabilità diretta del magistrato senza il filtro dello Stato, lo scontro è arrivato ai massimi livelli.

È andato sotto il Governo, le forze politiche si sono divise sui due fronti, i magistrati sono insorti e hanno denunciato l'intento punitivo e vendicatorio di una norma che è un unicum in Europa. Lo spettacolo non è dei più edificanti. La materia, dopo 25 anni e dopo i ripetuti richiami della Ue, necessita di una revisione e di un ammodernamento, su questo non c'è dubbio. La delicatezza della materia, però, richiederebbe altra forma. Le imboscate e i giochini politici non favoriscono una somministrazione della giustizia serena ed efficace. Un doppio passo indietro sarebbe salutare.

TAG: Senato

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