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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 14:12.

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La sentenza emanata il 3 febbraio scorso dalla Corte internazionale di giustizia rappresenta un momento importante del contenzioso apertosi tra Italia e Germania sulle riparazioni dovute a cittadini italiani per i crimini di guerra commessi dalle forze armate del Terzo Reich in Italia. La Corte di Cassazione, invero, con la pronuncia n. 5044/2004 dell'11 marzo 2004, aveva ritenuto che i giudici italiani potessero esercitare la giurisdizione in ordine a un ricorso per risarcimento presentato contro lo Stato tedesco dal signor Ferrini, che era stato arrestato e deportato in un campo di concentramento tedesco fino alla fine della guerra. Secondo la Corte suprema, l'immunità dalla giurisdizione che normalmente spetta agli Stati stranieri non opera quando il ricorso verta su un atto che costituisce un crimine internazionale. Proprio questo era il punto sollevato davanti alla Corte internazionale di giustizia dalla Germania, che vi aveva invocato la responsabilità internazionale dell'Italia per non aver rispettato, con la menzionata pronuncia, la norma internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile.

Il problema sul quale si attendeva la sentenza della Corte riguardava quindi l'estensione della norma sull'immunità degli Stati, se cioè essa comprendesse anche atti qualificabili come crimini internazionali – crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio secondo la classificazione risalente allo statuto del Tribunale di Norimberga – o dovesse intendersi limitata quando atti di questo genere fossero in questione, come aveva ritenuto la nostra Corte di Cassazione. In altre parole, si trattava di stabilire se l'immunità abbia, nel diritto internazionale attuale, una portata assoluta, o se invece prevalesse su di essa la regola formatasi a partire dal secondo conflitto mondiale secondo la quale la commissione di crimini internazionali comporta una responsabilità che ha carattere prioritario, tale da derogare anche alla norma sull'immunità degli Stati. La risposta della Corte internazionale di giustizia è chiaramente a favore della prevalenza della norma sull'immunità: di qui l'affermazione che l'Italia ha violato il diritto internazionale attraverso la pronuncia di un suo organo, la Corte di Cassazione, che ha negato l'immunità della Germania nell'azione di risarcimento proposta dal Ferrini per violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dal Reich tra il 1943 e il 1945.

Ma è corretta la decisione della Corte, secondo il diritto internazionale vigente? Pur riconoscendosi che la pratica internazionale in proposito si è sviluppata in epoca recente, vi sono motivi per dubitarne, soprattutto quando si tratti di crimini commessi, come nella specie, da organi di uno Stato estero nel Paese che esercita la giurisdizione. La pratica internazionale attribuisce sempre maggiore importanza al diritto internazionale umanitario, consacrato nelle convenzioni di Ginevra del 1949, e alla lotta contro l'impunità legata alle sue violazioni. Negli ultimi due decenni questo orientamento si è espresso in particolare in materia di responsabilità penale individuale degli autori delle violazioni con la creazione di diversi tribunali internazionali per giudicare tali crimini indipendentemente dal rango degli accusati, e alcuni capi di Stato sono stati portati davanti a tali tribunali. Nessuna immunità è stata loro riconosciuta dal fatto di essere capi di Stato o di governo. Ma è naturale che quando la responsabilità penale individuale ricada su persone che rappresentano, in quando suoi organi, uno Stato, ad essa si accompagni la responsabilità internazionale dello Stato nei confronti del Paese del quale le vittime delle violazioni sono cittadini. La sentenza della Corte internazionale di giustizia non disconosce questo collegamento fra responsabilità individuale e responsabilità dello Stato per atti compiuti dai suoi organi, ma considera quest'ultima sottoposta alle sole regole di composizione internazionale delle controversie, sottraendola alla giurisdizione dei giudici nazionali in virtù della norma sull'immunità degli Stati. La Corte ha perso una buona occasione per interpretare il diritto vigente in modo conforme al progresso in corso nella condanna di crimini internazionali e nel riconoscimento della riparazione dovuta alle vittime.
Fausto Pocar è professore ordinario di diritto internazionale all'Università degli studi di Milano

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