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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 10:20.

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Tra la Cina contraria per principio a ogni ingerenza negli affari interni di un Paese, e Barack Obama inorridito dai massacri che venerdì hanno visto altre decine di morti a Homs, nel cuore della protesta siriana contro il regime di Bashar Assad, la Russia di Vladimir Putin ha scelto di stare con la prima. Due veti, dunque, a una risoluzione di condanna giudicata fino all'ultimo «sbilanciata» malgrado avesse accolto parte delle riserve espresse da Mosca, decisa a preservare il più a lungo possibile un regime che, da sempre, è il suo principale alleato in Medio Oriente. Dall'altra parte i 13 sì degli altri Paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: gli Stati Uniti hanno definito «vergognoso» un veto che, secondo Hillary Clinton, ora avvicina la possibilità di una guerra civile. Prima del voto, il segretario di Stato americano aveva scambiato una "vivace" telefonata con Serghej Lavrov, il ministro degli Esteri russo. Martedì Lavrov sarà a Damasco da Assad, una missione che darebbe un senso alla posizione di Mosca soltanto se si rivelasse una vera opera di mediazione andata a buon fine: se servisse, cioè, ad accompagnare Assad alla porta.

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