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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 09:44.
L'ultima modifica è del 11 febbraio 2012 alle ore 08:14.

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Neville Chamberlain viene ricordato oggi come il primo ministro inglese che, simbolo della politica di accomodamento nei confronti della Germania nazista, aiutò l'Europa a precipitare nel secondo conflitto mondiale.

Ma in quel fatidico decennio, relativamente poco dopo l'inizio della Grande depressione, l'economia britannica stava ritornando rapidamente al suo precedente livello di produzione, grazie al fatto che l'allora Cancelliere dello Scacchiere, Neville Chamberlain, si era affidato allo stimolo fiscale per ristabilire il livello dei prezzi sulla sua traiettoria antecedente la depressione.
Si confronti l'approccio di allora con la politica di espansione attraverso l'austerità perseguita oggi dal governo del primo ministro inglese David Cameron (con il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne in prima linea a fare il tifo). Il Pil reale del Paese è rimasto al palo, e vi sono grosse probabilità che esso tenda nuovamente in negativo.
Effettivamente, se le previsioni attuali dovessero essere confermate, in meno di un anno la depressione inglese del duo Cameron-Osborne non sarà solo la peggiore depressione nel Regno Unito dalla Grande depressione, ma probabilmente la peggiore depressione nel Regno Unito di sempre.

Questo è senz'altro un risultato notevole. Come scritto recentemente da Phillip Inman sul Guardian: "Il piano di recupero del Regno Unito dalla crisi finanziaria si basava su una ripresa a tutta velocità nel 2012. La fiducia dei consumatori, gli investimenti delle imprese e i livelli di spesa in generale sarebbero dovuti convergere per mandare l'economia su di una traiettoria al di sopra del tasso medio di crescita".
Non ha funzionato: i ministri del Governo "hanno fatto ciò che economisti di destra hanno detto loro di fare e si sono fatti da parte - secondo la teoria che la spesa e gli investimenti del settore pubblico stessero escludendo il settore privato". Invece, "la Spagna sta mostrando il cammino con la sua recessione generata dall'austerità. Laddove il debole fa strada, noi in Gran Bretagna sembriamo intenzionati ad andarci dietro...".
Il fallimento dell'austerità espansiva in Inghilterra dovrebbe fornire a tutti i suoi sostenitori nel mondo ragioni su cui riflettere e ripensare i loro calcoli politici. Quella inglese è un'economia fortemente aperta, con un tasso di cambio flessibile e un buon margine per un ulteriore allentamento monetario. Non vi è alcun rischio o premio di default associato ai tassi di interesse del Regno Unito che indichi che la paura di un caos politico-economico lungo la strada stia scoraggiando gli investimenti.

Vi è la considerazione - non necessariamente veritiera, ma pur sempre una considerazione - che, mentre erano in carica dal 1997 al maggio 2010, i Governi laburisti di Tony Blair e Gordon Brown abbiano fatto oltrepassare la spesa pubblica in rapporto al Pil oltre la soglia di sostenibilità a lungo termine. Le loro azioni contrastano con quelle dei Paesi che hanno ridotto il loro rapporto tra debito e Pil negli anni 2000 e con gli Stati Uniti dove il problema non era la spesa eccessiva ma l'insufficiente tassazione durante l'amministrazione Bush.
Eppure, se uno prendesse in considerazione seriamente questo punto di vista, l'Inghilterra con un tasso di interesse nominale a dieci anni inferiore al 2,1% annuo dovrebbe già trovarsi in pieno boom economico. Se ci fosse davvero un posto dove l'austerità espansiva dovrebbe funzionare al meglio - dove gli investimenti privati e le esportazioni dovrebbero aumentare al diminuire della spesa pubblica, confermando la visione del mondo dei suoi sostenitori - si tratterebbe dell'Inghilterra di oggi.

Ma l'Inghilterra oggi non è quel posto. E se l'austerità espansiva non funziona in Gran Bretagna, come potrebbe avere successo in Paesi che sono meno aperti, che non possono utilizzare il canale del tasso di cambio per spingere le esportazioni e dove scarseggia la fiducia nel lungo periodo che gli investitori e le imprese hanno in Inghilterra?
Nick Clegg, il vice-primo ministro inglese e leader del partito partner di coalizione di Cameron, i Liberal Democratici, dovrebbe porre fine a questa farsa oggi stesso. Dovrebbe dire alla Regina Elisabetta II che il suo partito non ha alcuna fiducia nel Governo di Sua Maestà e suggerire umilmente di domandare al leader del partito laburista Ed Milliband di formare un nuovo esecutivo.
Ad ogni modo, se Clegg facesse ciò, la sua carriera politica sarebbe probabilmente finita e le prospettive elettorali del suo partito compromesse per lungo tempo a venire. Ma la carriera politica di Clegg e le sorti del suo partito resterebbero incerte per molto tempo in ogni caso, date le difficoltà economiche che l'Inghilterra sta subendo (e continuerà a subire). Per lo meno, una tale defezione dalla mal-consigliata coalizione conservatrice-liberale sarebbe di giovamento al Paese.

I politici di altre parti nel mondo prendano nota: affamarsi non porta a buona salute e spingere la disoccupazione più in alto non è la formula per ristabilire la fiducia dei mercati.

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