Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2012 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2012 alle ore 06:41.

My24

Nel mezzo di una situazione economica densa tuttora di gravi incognite e dati gli impegni assunti con l'Unione europea per il risanamento dei nostri conti pubblici, la rinuncia del Governo ad avanzare la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020 è una decisione responsabile e ineccepibile. È vero che ha suscitato l'amarezza del Comitato promotore e dell'amministrazione capitolina.

Ma ben altre sono le iniezioni di fiducia che occorre dare agli italiani sul futuro del nostro Paese.
Negli annali delle Olimpiadi l'Italia continuerà così a figurare per quella, la diciassettesima, svoltasi nel 1960 a Roma. La candidatura della capitale italiana, lanciata nel 1953 dal governo De Gasperi e sostenuta poi da una vigorosa azione diplomatica di lobbying, venne accettata dal Comitato Internazionale Olimpico nel giugno 1955. Da allora si provvide a organizzare quest'evento sportivo con l'intento di realizzare anche importanti opere pubbliche e dotare le città di nuove infrastrutture (fra cui l'aeroporto internazionale di Fiumicino).

E a sovrintendere al piano generale della manifestazione venne istituito nel maggio 1957 un Comitato interministeriale presieduto dal capo del Governo e a cui partecipavano il sindaco di Roma, il presidente della Provincia e quello del Coni.
Quantunque non si giunse a calcolare in via preventiva la spesa occorrente, tirava allora un'aria di notevole ottimismo, in quanto l'economia marciava dai primi anni '50 a ritmo sostenuto e s'era propagata dal Nord al Centro Italia, in concomitanza con l'avvio della motorizzazione di massa e la diffusione degli elettrodomestici, una ventata di incipiente benessere. D'altronde, si sperava che il crescente intervento pubblico innescasse nel Sud un graduale processo di sviluppo.

Sennonché, alla vigilia dell'inaugurazione dei Giochi, sembrò che nascessero sotto una cattiva stella, dato che nel luglio 1960 s'erano contati una decina di morti e un centinaio di feriti fra i dimostranti scontratisi con la polizia durante le manifestazioni antifasciste di protesta contro la decisione del governo Tambroni di autorizzare il Movimento Sociale a tenere il suo congresso a Genova, città medaglia d'oro della Resistenza. A chiudere questo tragico capitolo politico fu un nuovo governo centrista, quello delle "convergenze parallele" (come lo battezzò Aldo Moro), perché sostenuto in Parlamento dall'astensione dei socialisti.
Alle Olimpiadi, apertesi il 25 agosto, i nostri atleti vinsero tante medaglie d'oro, quante non ne avevano mai conquistate in nessuna delle precedenti edizioni e in particolare una delle più prestigiose: quella dei 200 metri con Livio Berruti.

Ma non soltanto la conquista di quell'alloro suscitò un'ondata di entusiasmo. Ci si era inorgogliti anche perché quelle Olimpiadi erano state una sorta di vetrina del "miracolo economico" in corso nel Paese e le immagini dei Giochi comparvero sugli schermi televisivi di tutto il mondo rendendo così popolare l'immagine dell'Urbe con le sue straordinarie bellezze (così pure era avvenuto per altre località del Bel Paese) a tutto beneficio delle nostre entrate turistiche. A non contare la vasta eco suscitata da un film come "La dolce vita" di Fellini, comparso proprio allora.
Era invece passato pressoché inosservato il fatto che all'inizio dell'anno una giuria internazionale nominata dal "Financial Times" aveva attribuito l'Oscar della moneta più salda di tutto l'Occidente a quella che veniva chiamata comunemente "la liretta", tanto era stata erosa dall'inflazione sino a poco tempo prima.

Ma, una volta spentisi i riflettori sulle Olimpiadi, emerse, accanto al dritto della medaglia (come alcune opere infrastrutturali funzionali e durevoli) il suo rovescio, dato che il profluvio di danaro pubblico riversatosi sulla Capitale (che non si giunse mai del tutto a precisare), aveva alimentato un mare di sprechi e speculazioni edilizie, che alcuni giornali definirono una sorta di "secondo sacco" di Roma, dopo quello dei lanzichenecchi.

Shopping24

Dai nostri archivi