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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 09:44.
L'ultima modifica è del 08 marzo 2012 alle ore 09:44.
Perché l'8 marzo non diventi uno stanco rituale, conviene ricordare alcuni dati che mostrano quanto ancora debba essere fatto nel nostro Paese per promuovere l'uguaglianza di opportunità tra uomini e donne. Meno di una donna su due partecipa al mercato del lavoro, al Sud meno di una donna su tre: continuiamo ad essere il Paese europeo con il tasso di occupazione femminile più basso in Europa, fatta eccezione per Malta. Siamo rimasti al 74esimo posto su 134 Paesi nella classifica del Global Gender Index del World Economic Forum. La crisi economica sembra aver colpito soprattutto le donne, insieme ai giovani. L'emergenza lavoro femminile è tutt'altro che risolta.
Possiamo ragionevolmente aspettarci dei miglioramenti in questo quadro tuttora grigio? Un rapido bilancio dell'anno passato può aiutarci a dare una risposta. Vi sono stati l'approvazione della legge sulle quote di rappresentanza di genere e l'innalzamento dell'età di pensionamento delle donne. L'approvazione delle "quote rosa" segna l'ingresso nel nostro Paese di un'azione positiva vincolante a sostegno della rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate. La legge rappresenta il punto di arrivo di un percorso non privo di ostacoli. Ancora oggi non tutti sembrano soddisfatti di questa legge e sono in attesa di vedere i suoi effetti. La convinzione che le quote siano contrarie a un principio di meritocrazia non è ancora stata sconfitta e c'è il timore che la qualità di consiglieri e sindaci possa peggiorare. Eppure le donne nel nostro Paese sono più istruite degli uomini, i talenti femminili abbondano e sono stati finora largamente sotto-utilizzati.
La Commissaria Ue alla Giustizia, nel commentare in questi giorni i dati sulla scarsa presenza femminile ai vertici delle imprese, ha suggerito che la Commissione potrebbe muoversi nella direzione di imporre quote di rappresentanza di genere, mostrando che il nostro Paese per una volta ha preceduto le indicazioni di Bruxelles, invece di essere costretto a conformarvisi ex-post
Passando alla riforma pensionistica, l'estensione del metodo contributivo, l'equiparazione dell'età di pensionamento tra uomini e donne, l'innalzamento dell'età pensionabile e il rispetto del requisito anagrafico per tutti sono le risposte della nostra politica economica a precisi vincoli di bilancio, resi ancor più stringenti dall'invecchiamento della popolazione. Resta però considerevole l'impatto di genere della riforma: le donne italiane hanno carriere e storie contributive più discontinue degli uomini e tipicamente guadagnano di meno, con riflessi sui benefici pensionistici.
Infine sono stati introdotti sgravi dell'Irap per le imprese che assumeranno donne e giovani sotto i 35 anni a tempo indeterminato. Sgravi fiscali dal lato della domanda che incentivino l'assunzione di donne potrebbero promuovere l'occupazione femminile.
Siamo invece ancora in attesa dell'introduzione di un breve periodo di congedo di paternità: alcuni giorni riservati ai padri alla nascita del figlio, pienamente retribuiti e non cedibili alla madre. Questi congedi sarebbero importanti per promuovere la logica della condivisione della cura dei figli tra genitori, con conseguenze positive per lo sviluppo dell'occupazione femminile. Ci aspettiamo che la riforma del mercato del lavoro in corso dedichi attenzione particolare al lavoro delle donne e a misure per conciliare vita lavorativa e personale.
Non possiamo non sottolineare come l'anno trascorso si sia caratterizzato per una straordinaria presa di coscienza delle donne, del loro ruolo nella società e nell'economia. La voce delle donne si è fatta sentire con forza. Gli aspetti economici e le differenze di genere sul mercato del lavoro sono stati spesso un tema centrale del dibattito. Il legame tra occupazione femminile e crescita economica non è più argomento da aule accademiche, ma se ne parla ovunque. L'idea che il lavoro femminile sia una risorsa qualificata a cui ancorare i progetti di rilancio del nostro Paese si è diffusa. Ma occorre tenere alta la guardia sui contenuti: studi scientifici seri e rigorosi sono ora più che mai necessari per guidarci in modo appropriato verso l'implementazione di politiche pubbliche e politiche aziendali appropriate. L'occupazione femminile è un input essenziale per il processo di crescita del nostro Paese e deve essere al centro dell'economia, della società, della politica, delle pratiche aziendali.
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