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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2012 alle ore 10:11.
L'ultima modifica è del 13 marzo 2012 alle ore 10:12.

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La nuova Europa in formato fiscal compact pretende e impone rigore e serietà a tutti. Nella convinzione, sbandierata ai quattro venti, che sia questa l'unica strada per recuperare crescita, occupazione e competitività su basi solide e durevoli. Oltre che un euro risanato e credibile. Per questo alla Grecia, il grande malato di Eurolandia, è stato chiesto di tutto e di più in termini di sacrifici, prima di ripescarla per la seconda volta, e a tempo quasi scaduto, dal baratro.

Rigore e serietà, certo. Proprio per tutti? La domanda non è accademica e men che meno provocatoria dopo che ieri la riunione a Bruxelles dei ministri dell'Eurogruppo si è conclusa aggrappandosi ancora una volta all'inossidabile logica europea dei rinvii. Doveva essere l'occasione per voltare pagina sull'emergenza greca, per apporre la storica firma all'accordo per il secondo salvataggio del paese con un assegno da 130 miliardi.

Invece no. Bisognerà aspettare ancora qualche giorno, mancano pochi dettagli formali ma entro la settimana si firmerà, ha sdrammatizzato il tedesco Wolfgang Schäuble. In realtà, prima di erogare tutti i fondi, si vuole attendere l'esito dell'imminente incontro del Fmi per vedere se arriverà e quando la sua quota di aiuti da 18 miliardi.

Invece no. Bisognerà aspettare ancora, ufficialmente al più tardi la fine del mese, anche per sapere quale sarà il verdetto finale sul potenziamento dell'Esm, il fondo salva-Stati permanente che dovrà fornire ai paesi dell'euro quella cintura di sicurezza finanziaria, in una parola quella solidarietà la cui assenza ha esposto tutti ai violenti attacchi dei mercati.
Invece no. Bisognerà aspettare ancora per scoprire anche che fine farà la tassa sulle transazioni finanziarie, quella che potrebbe procurare un cespite di entrate aggiuntive da destinare almeno in parte a carburare la crescita europea.

Se davvero la crisi dell'euro fosse alle spalle i tiramolla, essenzialmente tedeschi, sarebbero parte della solita e troppo spesso inconcludente ruotine europea. Non è così. Per l'emergenza greca che pare destinata a rientrare, almeno temporaneamente, se ne vedono altre dietro l'angolo.

Il Portogallo barcolla sotto i morsi incrociati di recessione e rigore: presto potrebbe a sua volta vedersi costretto a tornare a battere cassa in Europa. La Spagna di Mariano Rajoi ha dovuto giustificare ieri a Bruxelles la decisione unilaterale di non rispettare quest'anno l'impegno a ridurre il deficit al 4,4%, lasciandolo correre invece fino al 5,8%, pur mantenendo l'obiettivo del 3% per il 2013. Le ragioni: pesante recessione economica, disoccupazione record oltre che l'eredità di un disavanzo previsto al 6% nel 2011 ma esploso all'8,5%. Dopo l'iniziale e netta chiusura della Germania di Angela Merkel, «I patti sottoscritti vanno rispettati», e della Commissione Ue, ora sembra prevalere una linea più morbida. «L'importante è il target del 3% nel 2013, non quello intermedio» ha detto ieri Jean-Claude Juncker, il presidente dell'Eurogruppo.

Anche se, dopo le iniziali resistenze, il Belgio si è piegato alla nuova disciplina di bilancio varando ulteriori tagli alla spesa pubblica, perfino la virtuosissima Olanda si trova in difficoltà nella corsa all'azzeramento del deficit, complice la gelata dell'economia. Tanto che l'attuale Governo alla fine potrebbe saltare. Neanche l'Italia è fuori dal tunnel.

Con o senza Grecia, dunque, i focolai di crisi sono fin troppi nell'area euro. Per questo sarebbe fondamentale che rigore e serietà fossero generalizzati, senza eccezioni per nessuno. Quando invece la Germania, il paese leader e modello indiscusso dell'area, dopo aver estorto ai greci senza battere ciglio le riforme più draconiane, si permette per pure ragioni di politica interna di rimandare ulteriormente non solo la firma dell'accordo con Atene ma anche una decisione strategica per il futuro della moneta unica come la chiarezza su futuro e risorse dell'Esm, fino a che punto si può dire che tiene un comportamento serio e responsabile verso i partner e l'euro? Non ricalca invece quelle derive opportunistiche di marca tutta nazionale che hanno devastato prima la Grecia e poi l'eurozona?

Atene ha sbagliato e pagato i suoi errori senza sconti. Proprio perché si è assunta l'ingrato compito di dare lezioni a tutti, Berlino deve rassegnarsi ad essere al di sopra di ogni sospetto. Come la moglie di Cesare. Per ora non ci è riuscita.

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