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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 15 marzo 2012 alle ore 09:02.

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Troppo spesso si pensa che i fondi strutturali europei siano utilizzati (o mal utilizzati) solo per costruire ponti e autostrade. In realtà il denaro comunitario può anche finanziare progetti culturali. In un paese come l'Italia l'investimento in infrastrutture può dare benefici turistici. Nello stesso modo, il finanziamento culturale può tradursi in un volano economico. Purtroppo non sempre le autorità italiane riescono a fare un uso efficiente del denaro europeo.

La Commissione gestisce almeno due programmi importanti che convogliano finanziamenti nelle attività culturali. Il primo, chiamato appunto Cultural Programme, ha un valore nel periodo 2007-2013 di 400 milioni di euro. «La stragrande maggioranza dei progetti devono essere transnazionali - spiega Dennis Abbott, portavoce dell'Esecutivo comunitario per le politiche culturali -: in altre parole devono riguardare organizzazioni provenienti da almeno tre paesi».

Il programma ha tre obiettivi: "promuovere la mobilità delle persone impegnate nel grande settore della cultura"; incoraggiare la circolazione in tutta Europa delle diverse produzioni artistiche nazionali; e aiutare "il dialogo interculturale". Tra il 2007 e il 2011 organizzatori italiani alla guida di progetti europei hanno ricevuto quasi 23 milioni di euro dalla Commissione. In confronto, società o enti tedeschi hanno beneficiato di 20 milioni di euro durante lo stesso periodo di tempo.

Il dato quindi è positivo. Purtroppo nasconde anche delle debolezze. L'Italia è il paese che presenta il maggior numero di domande, ed è anche il secondo paese nella classifica degli stati membri che ricevono denaro. Tuttavia, il tasso di successo nel 2011 è appena del 17%. Troppo spesso le domande di finanziamento provenienti dall'Italia non rispecchiano i criteri decisi dalla Commissione. Sempre a titolo di confronto, la Francia ha avuto l'anno scorso un tasso di successo del 40%.

L'altro programma con il quale l'Unione finanzia progetti culturali è quello legato ai fondi europei. Nel periodo 2007-2013, il bilanco comunitario prevede a fini culturali fondi strutturali per sei miliardi di euro (pari all'1,7% del totale). La quota riservata all'Italia è pari a circa 500 milioni di euro. «Per ora non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di pagamento», nota Ton Van Lierop, portavoce della Commissione per le politiche regionali a Bruxelles.

Più in generale, il totale dei fondi di coesione riservati all'Italia nel periodo 2007-2013 è di 28,8 miliardi di euro. Il 2,9% è riservato alla cultura, ma il dato è fuorviante. In un paese come l'Italia l'impatto a favore della cultura può giungere anche da investimenti nel turismo o nei trasporti. Si può quindi stimare che oltre il 10% dei fondi possa andare a progetti culturali in senso lato. Purtroppo, il tasso di assorbimento dei fondi strutturali da parte dell'Italia è deludente: attualmente è del 22,97%.

Certo, non mancano esempi sorprendenti, elencati nel sito della Commissione: il restauro del Rifugio del Piccolo San Bernardo in Valle d'Aosta; la posa di una rete internet ad alta velocità che collega a Catania otto musei, oltre che l'università; la promozione della riserva marina di Capo Rizzuto; l'ammodernamento del centro storico di Cosenza. Ma come non ricordare anche gli scandali sull'uso improprio e soprattutto poco efficace dei fondi strutturali europei?

Proprio in queste settimane, l'Italia insieme agli altri paesi dell'Unione sta negoziando il bilancio comunitario per il periodo 2014-2020. La diplomazia italiana è impegnata a difendere alcuni capitoli di spesa. Ma la partita intorno ai fondi europei (culturali e non) non si gioca solo a Bruxelles. In un documento preparatorio per un recente Consiglio europeo si legge che l'Italia è nel gruppo di coda, insieme alla Romania e alla Bulgaria, per l'efficienza della propria pubblica amministrazione.

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