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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2012 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 16 marzo 2012 alle ore 08:53.

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L'Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2% al Pil, meno della metà di Francia e Germania. Il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi. Il dibattito italiano si è a lungo focalizzato su quest'ultimo aspetto, lamentando la scarsità di fondi pubblici e il trattamento fiscale poco favorevole ai contributi privati.

D'altra parte, l'Italia non primeggia solo per l'entità del suo patrimonio ma anche, purtroppo, per il suo ingente debito pubblico.
Non sorprende dunque che le proposte di agevolazione fiscale per il settore della cultura che sono state finora avanzate siano state sistematicamente bocciate da chi ha come compito di tenere sotto controllo la finanza pubblica del Paese.
Bisogna dunque rovesciare il ragionamento e avanzare proposte che inneschino un nuovo processo di sviluppo nel settore della cultura in Italia senza pesare sul bilancio pubblico.

L'esperienza dimostra che il settore privato è disposto ed è interessato a finanziare la cultura, ma è scoraggiato dalla complessità delle procedure. Anche l'erario avrebbe un beneficio se un numero maggiore di aziende destinasse fondi al settore culturale, piuttosto che distribuirli sotto forma di utili. Il motivo è che le erogazioni a favore di enti no profit consentono di mantenere un flusso di fondi all'interno del sistema economico, sotto forma di acquisti di beni e servizi, mentre parte degli utili distribuiti esce dal sistema economico e fluisce in risparmio.

In concreto, la proposta consiste nell'incentivare l'elargizione liberale da parte di aziende e di privati, consentendone la deducibilità dal reddito imponibile. Per evitare che vi sia un impatto negativo per l'erario, l'erogazione a favore degli enti culturali viene sottoposta a una trattenuta fiscale in capo a questi ultimi. In altre parole, l'erogazione a favore degli enti culturali viene considerata, fino a un certo massimale (ad esempio, il l0% di ricavi) come un onere di gestione sul quale gli enti pagano una trattenuta (ad esempio, il 20%). Tale meccanismo crea un incentivo per l'azienda a destinare parte dei ricavi ad elargizioni liberali a favore di enti culturali, invece che distribuirli sotto forma di utili. Crea anche l'incentivo, per gli enti culturali a cercare finanziamenti privati. L'inversione dell'onere fiscale, da chi elargisce i fondi a chi li riceve, consente di evitare effetti negativi sulle entrate dello Stato (l'allegato disponibile sul sito web del Sole 24 Ore dimostra quanto sopra con esempi concreti e fornisce l'impianto normativo).

Bisogna considerare comunque che i privati sono disposti a finanziare attività culturali non solo per motivi di agevolazioni fiscali ma soprattutto se vi è un rendiconto di immagine e dunque se il progetto culturale è qualitativamente valido. Le istituzioni culturali italiane sono ancora poco attrezzate per attrarre finanziamenti privati. Devono migliorare la capacità di dotarsi di quei criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione che il settore privato richiede in cambio dei finanziamenti. La costituzione di una Anagrafe dei beneficiari delle erogazioni liberali della cultura, stabilita su base di criteri rigorosi (come la certificazione dei conti da parte di società di revisione), dovrebbe incentivare tale sviluppo. La trasformazione in fondazioni dei musei o dei poli museali è una ulteriore misura, adottata in altri paesi europei, che incoraggerebbe ulteriormente la partecipazione finanziaria e gestionale dei privati.

Metodologie moderne, sperimentate all'estero e applicate in Italia, ad esempio, da Palazzo Strozzi, consentono di dimostrare che un euro speso in cultura può generare un indotto sul territorio superiore a tre euro. La cultura non si mangia, ma di sicuro dà da mangiare.
La riforma del governo delle istituzioni culturali e degli incentivi non è solo nell'interesse del sistema culturale italiano. Aiuta l'economia a crescere e contribuisce a risanare le finanze pubbliche del Paese.

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