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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2012 alle ore 09:27.
L'ultima modifica è del 26 marzo 2012 alle ore 09:27.

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Non solo ci stiamo convertendo, dovendo fare di necessità virtù, da "cicale" a "formiche", da un popolo affetto per tanto tempo da uno smodato consumismo a una collettività incline ora a un tenore di vita più sobrio. Stiamo anche riscoprendo o apprezzando di più certi valori tradizionali: quelli della famiglia, dell'amicizia, della convivenza civile, della fede religiosa, dell'etica pubblica.
È questa la radiografia degli italiani, rispetto al ritratto tracciato un ventennio fa, che emerge da un'indagine del Censis, a conclusione delle celebrazioni per il 150º dell'Unità nazionale. Si tratta di un test da cui si riscontra come nella cultura sociale del nostro Paese siano presenti, da un lato, sostanziali elementi di continuità e, dall'altro, siano in corso alcuni significativi mutamenti di visuale.
Che la famiglia conti oggi più di quanto già non fosse in passato, non è certo sorprendente, se si considera che, in un periodo economico estremamente difficoltoso come quello attuale, essa costituisce, all'occorrenza, una cellula primaria di protezione e solidarietà fra i suoi componenti. Lo stesso si può dire per l'importanza attribuita ai legami comunitari con il proprio territorio, a relazioni personali più solide, a un clima meno conflittuale. In fondo, c'è adesso più bisogno di stabilità e sicurezza.

Si spiega pertanto come non sia più così prorompente la carica di individualismo che contrassegnava sino a pochi anni fa l'atteggiamento di gran parte degli italiani. C'è da augurarsi che si affermi quindi un maggior senso civico e dell'interesse collettivo.
Quanto alla forte reviviscenza del sentimento religioso, essa si sta manifestando un po' dovunque nel mondo occidentale, e perciò anche da noi, quale risposta alle angosce del nostro tempo, denso di tante gravi incognite. Di fatto, il processo di secolarizzazione non ha assottigliato il numero dei credenti. Inoltre, secondo i dati del Censis, la Chiesa cattolica sta recuperando fiducia e ascendente nella società italiana, in ragione soprattutto dei suoi princìpi etici, a presidio dei diritti umani, dell'integrità e dignità della persona, della giustizia e dell'assistenza ai più deboli.
D'altra parte, appare complementare a questa più intensa sensibilità nei riguardi dei precetti religiosi il fatto che la maggioranza degli italiani considera moralmente riprovevoli, e perseguibili con severe misure, la prostituzione, il consumo di alcool e di droghe anche leggere.
Più rigoroso e diffuso è diventato anche il giudizio nei confronti della corruzione politica, se figura ai primi posti (subito dopo la crisi economica e l'instabilità politica) fra i problemi più gravi da affrontare oggi in Italia. Inoltre, a conferma di una crescente richiesta di legalità e trasparenza, si vorrebbe che venisse debellata l'evasione fiscale.

Non si può, ovviamente, sottovalutare il fatto che gli italiani includano l'immigrazione fra le questioni più spinose, come del resto è dato riscontrare in altri Paesi europei. C'è da auspicare perciò che quanti sono approdati da noi, pur non rinunciando - beninteso - alle loro credenze religiose e tradizioni culturali, rispettino e condividano a tutti gli effetti i princìpi fondamentali del nostro ordinamento civile e giuridico, che costituiscono altrettanti architravi di un sistema democratico liberale e pluralista. Che è anche la leva più efficace per scongiurare pregiudizi xenofobi.
Stando all'inchiesta del Censis, sembra che gli italiani stiano infine ravvedendosi dai peccati di pressoché generale indifferenza, commessi per molto tempo, di fronte ai pesanti danni inferti via via al paesaggio naturale e alla deplorevole incuria di cui continua a essere vittima il patrimonio artistico. Oggi annettono infatti notevole importanza alle bellezze naturali e ai beni culturali, in quanto, potendo vivere in un ambiente ricco di queste preziose risorse, ci si sentirebbe più motivati e disposti a impegnarsi per il proprio Paese. Insomma, meglio tardi che mai: purché ai buoni propositi corrispondano comportamenti concreti.

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