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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2012 alle ore 16:54.
Venezia conta di incamerare almeno 15 milioni di euro, Roma ne ha incassati 70, Firenze ne ha portato a casa 11 milioni in soli sei mesi. Non c'è dubbio che la tassa di soggiorno sia una vera manna per le casse degli enti locali italiani, a secco da qualche anno in forza delle rigide regole del patto di stabilità. Il fastidioso balzello però rischia di trasformarsi nell'ennesimo costo di sistema per le imprese italiane. Molti albergatori, per evitare un brusco calo della clientela (pare che diversi tour operator stranieri preferiscano cambiare destinazione piuttosto che accettare un ritocco all'insù del prezzo) hanno deciso di lasciare inalterate le tariffe, incorporando così l'onere della tassa. Secondo i primi riscontri nelle città che l'hanno applicata, pare inoltre che la tassa stia impattando negativamente sui flussi.
In conclusione, il rischio è quello di innescare un effetto a spirale, un avvitamento verso il basso dannoso per tutti: per gli albergatori, per i turisti (questo potrebbe essere l'ennesimo colpo all'appeal dell'Italia nei confronti degli stranieri), ma anche per le stesse città, che grazie alla tassa di soggiorno si troverebbero certamente più ricche di denaro, ma molto probabilmente più povere in termini di capacità ricettiva.
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