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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2012 alle ore 08:07.
Rosi Mauro è un capro espiatorio? La domanda è abbastanza ovvia e tutti in queste ore se la pongono. Ma la risposta è intuitiva: sì, lo è. Lo è perché la sua espulsione, decisa con l'astensione di Bossi e un voto contrario (Reguzzoni), è servita a uno scopo politico: mostrare a tutti che il potere di Roberto Maroni si sta consolidando nel partito. Non c'entra il merito delle accuse che hanno colpito la vice-presidente del Senato, accuse per le quali la Mauro non è inquisita; e forse neanche il suo rifiuto di dimettersi dall'incarico istituzionale a Palazzo Madama (dimissioni che comunque sarebbero molto opportune).
Era necessario dare al 'popolo' leghista la sensazione fisica che l'equilibrio interno è cambiato. Rosi Mauro era un po' il simbolo del famoso 'cerchio magico', il piccolo gruppo di cortigiani che faceva il bello e il cattivo tempo nel Carroccio, coprendosi dietro il volto sofferente del leader storico. La sua subitanea espulsione, in compagnia dell'improbabile ex tesoriere Belsito, rende chiaro che il cerchio è andato in frantumi. E non a caso quasi tutti si sono allineati in fretta al potere emergente, anche perché sono troppo deboli e frastornati per mettersi di traverso. Vedi il caso di Calderoli, uno dei triumviri provvisori ed ex uomo forte della stagione berlusconiana, sul quale la magistratura oggi sta indagando.
Quindi la Mauro è senz'altro un capro espiatorio. La vera domanda è: e ora cosa succede? Maroni aveva promesso 'pulizia'. Se l'ex ministro dell'Interno usa questo argomento per ribaltare dalle radici la Lega, eliminare nel giro di pochi mesi il vecchio gruppo dirigente e indossare i panni del nuovo monarca, non potrà di certo fermarsi a Rosi Mauro e a Belsito. Potremmo dire allora che ha cominciato da questi due nomi, ma per andare molto oltre, in base alla retorica delle scope con il marchio del sole delle Alpi. Aspettiamoci quindi, se questa è l'ipotesi, che la scure maroniana si abbatta presto o tardi sul giovane Bossi, poi sul presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Boni, poi sullo stesso Calderoli. E su altri ancora.
In un partito come la Lega, abituato al ventennio del potere assoluto di Bossi, la logica della sopravvivenza richiede che il successore riesca a far sentire alla base un analogo pugno di ferro. La 'pulizia' diventa la fonte della legittimazione per Maroni, purché sia una cosa seria e serva a creare un nuovo gruppo dirigente. La decisione di ieri ha quindi un senso se la cacciata della Mauro è funzionale a un disegno di potere ambizioso, per il quale Maroni dovrà dimostrarsi all'altezza. Se invece si è trattato solo di dare in pasto ai militanti un paio di nomi per tacitare il malcontento, mantenendo intatto il resto dell'oligarchia, allora c'è da aspettarsi parecchia instabilità e qualche brutta sorpresa in fondo alle urne elettorali.
Nella Cina comunista, alla morte di Mao, il corpo del 'grande timoniere' fu collocato in un mausoleo. Dopodiché l'epurazione colpì la 'banda dei quattro', una sorta di cerchio magico dell'epoca (non a caso la donna del quartetto era la moglie dello stesso Mao). Nessuno potrebbe definire quell'operazione un rinnovamento, bensì più precisamente una resa dei conti nel chiuso della Città Proibita. Ora Maroni dovrà decidere, se sarà in grado di farlo, cosa intende essere per la Lega di domani: solo un epuratore, uno che ha liquidato la 'banda dei quattro' leghista? Ovvero il rifondatore del movimento, anche sul piano del messaggio politico e magari del sistema delle alleanze? Oggi è presto per dirlo, ma la risposta non potrà tardare troppo.
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